“Un profondo senso di disagio e di inquietudine” afferma di aver provato la pedagogista professoressa Margherita Giromini, dopo aver visto il film “I nostri ragazzi”. La posso capire, pur non avendolo visto. Ho imparato a conoscere il disagio di altri insegnanti, operanti in diverse scuole di Varese, quando capita di parlare “fuori campo”, non nei luoghi scolastici, della fatica a mettersi in comunicazione con la maggioranza dei “loro ragazzi”. Le domande della pedagogista si ripetono continuamente quasi sempre senza risposta, anno dopo anno. Ma allora perché non ci chiediamo tutti, come mai non si riesce ad “agganciare” la curiosità, lo stupore, l’interesse e l’attenzione dei ragazzi? Forse le domande, che la prof. si è posta, potrebbero ricevere delle risposte positive, ma parziali. “Forse agli educatori, ai genitori e agli insegnanti servono anche riflessioni di sociologia e di psicologia che aiutino a leggere la società”. Certo, è un suggerimento che colma una parte di ciò che serve a recuperare il rapporto tra i protagonisti della funzione educativa, citati dalla professoressa Giromini. Un rapporto, non dimentichiamolo, fondato su valori, che la cultura dominante, laica e religiosa ha fornito e continua a fornire, anche adattandosi alle nuove realtà, che incidono, direttamente o indirettamente, sulle “nostre scelte” di vita. Considerazioni, valide ma parziali, che non vanno alla radice del problema. Considerazioni che peraltro escludono, quasi sempre, quelle sul rapporto con gli altri animali non umani. E ci sarà un perché e forse più d’uno.
Io ritengo che se la cultura tenesse conto anche di coloro che sono diversi da noi, quelli che per “natura” sono dotati di pelliccia, di ali, di squame ma che per natura sono dotati anche di ragione e di sentimenti, potremmo dire di vivere secondo “giustizia” o “maggior equità” e orientando la nostra vita verso una formazione che ci faciliti la ricerca della felicità, abbandonando il dualismo dei valori oppositivi ed esclusivi che dividono, adottando invece quei valori che ci permettono di conoscere, criticare, decidere e attuare, condividendo anziché lottando e fomentando le guerre.
In pratica dovrebbe riconoscersi l’esigenza di:
Le “riflessioni di sociologia e di psicologia”, come auspicato dalla professoressa Giromini, a mio avviso dovrebbero essere accompagnate da quelle ecologiche ed etologiche. Senza sottacere quelle storico-religiose, per far conoscere, confrontare e criticare la storia delle religioni, in un mondo, sempre più interattivo composto da culture diverse.
Infine, gli approfondimenti sugli organismi, che gli uomini si sono dati per governare il mondo, a livello istituzionale internazionale, potrebbero farci scoprire con stupore, disagio ed inquietudine che alcuni “misuratori” della realtà, costruiti su valori parziali, come l’indice PIL (prodotto interno lordo), utilizzato dai paesi cosiddetti civili per calcolare la quantità di ricchezza prodotta, dovrebbero andare in pensione, come aveva chiesto il suo scopritore, già all’inizio della sua adozione e al suo posto adottare invece, uno degl’indici tuttora esistenti, che viene usato dall’ONU e da tutte le sue sezioni. Un indice che misura anche la qualità della vita delle persone, non dal punto di vista consumistico ma qualitativo come la salute, il benessere, ed altre. Allora forse l’auspicio della prof. Giromini, di ridare “considerazione sociale” ai viventi e la “dignità” alla vita, includendo questa volta non solo quella umana ma anche quella degli altri animali, potrebbe iniziare a verificarsi.
Gianluca Albertini
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