Un primo e per nulla timido tentativo ebbe inizio nel 1982 quando organizzammo un dibattito pubblico alla Biblioteca di Casciago, moderatore Giancarlo Pigionatti. “Lo sport fa male” fu il tema dell’incontro pubblico, senza se e senza ma, senza dubbi. Diventa quindi gratificante dopo oltre trent’anni sentirsi dire in modo sentenzioso: “Caro Gerva, dobbiamo convincerci che lo sport, l’agonismo, fa male”. Il tarlo ha quindi lavorato bene, il verbo si è diffuso. Pareva allora, nel 1982, solo una provocazione.
Demolire luoghi comuni mai assoggettati alla prova della logica, del buon senso e degli accadimenti di ogni fine settimana sportiva (fratture, traumi, decessi) è impresa che richiede tempo, soprattutto in un Paese come il nostro dove prospera la pastorizia. “Ventenne si frattura il femore ascoltando musica disteso sul divano” sarebbe un bel titolo a sei colonne su tutti i quotidiani.
Oggi come allora ci si trova di fronte a risatine di sufficienza se si mette in dubbio la validità politica del suffragio universale in campo elettorale perché “una testa un voto” è stato il rudimentale motto di quanti, rispettabilissimi, lottavano per una partecipazione di massa alle scelte politiche quando solo il tre per cento della popolazione poteva votare. Oggi dovremmo chiederci se il suffragio universale nella forma di una testa un voto non sia paragonabile all’uso del carbon fossile per muovere le locomotive.
“Date il suffragio a un popolo che non vi è preparato, governato da cieche passioni ed esso lo metterà in vendita o ne farà cattivo uso… e se un rinnovamento morale non governa, probabilmente si vedrà accrescere le già troppo grandi ricchezze dei pochi. ma la massa di coloro che producono non vedrà migliorare le proprie condizioni….” ( Giuseppe Mazzini, People Journal, Londra, Agosto 1846).
“…Riconosciamo tutto ciò che hanno di sacro i diritti individuali, ma crediamo non si abbiano diritti senza doveri, crediamo che il diritto di giudicare implichi il dovere di conoscere, e che il primo dovere di chiunque è chiamato a decidere col proprio voto le sorti del Paese sia quello di procurarsi le nozioni indispensabili per sapere ciò che fa”. Questo affermava il Ministro Giuseppe Zanardelli, contrario all’introduzione del Suffragio universale, anni prima il doloroso parto del 1912.
Secondo Filippo Turati il suffragio universale avrebbe creato, specialmente nel Mezzogiorno, “nuovi contingenti elettorali ebeti, corruttibili, raggirabili al servizio del padrone medioevale e dei ciarlatani”.
Disse proprio: “ciarlatani” con grande anticipo sui tempi nostri. Si andava a consegnare i “cafoni” nelle mani dei mafiosi. Turati temeva inoltre che col suffragio universale ed il conseguente voto concesso anche agli analfabeti, il Partito Socialista potesse perdere voti a vantaggio dei cattolici.
Potremmo quindi ripartire da Umberto Bossi e dalla sua ragionevole proposta di ammettere al suffragio elettorale, solo per le tornate amministrative, i residenti extracomunitari che siano in grado di superare un esame di italiano e qualche test riguardante materia che decenni orsono si insegnava nelle scuole, l’educazione civica. L’esame andrebbe esteso a tutti gli italiani con diritto al voto con test più impegnativi sull’uso delle frasi ipotetiche e del “lei”. È ancora poco tutto ciò, alla luce di quanto sta iniziando ad accadere in giro per il mondo e che si vuol continuare ad ignorare intorno alla Bibbia dei regimi democratici: “Lo spirito delle leggi” di Montesquieu ( Libro II, Cap. II). Le suffrage par le sort est de la nature de la démocratie. Le suffrage par le choix est de celle de l’aristocratie. (libro II, cap. II).
Parlare di suffragio universale è tempo perso, si deve andare oltre e come in Islanda, Texas e in Canada, Vancouver ( British Columbia) e pensare al sorteggio degli amministratori. Nel 2046 qualcuno mi dirà: “Caro Gerva, convinciti, l’unica soluzione per uscirne è l’elezione per sorteggio”.
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