Ho fatto l’amministratore pubblico per diciassette anni. Per sei anni l’assessore alla Pubblica istruzione e alla Cultura. Eravamo negli anni ’60, con il primo governo comunale di centrosinistra.
Sindaco era Mario Ossola, fra gli assessori Luigi Ambrosoli, Aldo Lozito, Aldisio Caruggi.
Avevamo alle spalle un periodo infelice, caratterizzato da scelte drammaticamente sbagliate, che ancora oggi Varese sta pagando. Perdite della sua storia, offese alla sua bellezza. La terribile guerra era finita. Un confronto democratico si era avviato.
Si acquisiva villa Litta Modignani che portava più ampiamente i Giardini Estensi alla vista splendida dei laghi e delle Alpi. Ma una successiva Amministrazione inadeguata avviava negli anni ‘50 un piano regolatore devastante, origine di gran parte delle scelte urbane che hanno lasciato un negativo segno indelebile in questa città.
Si sopprimevano il sistema tramviario e le funicolari, si demoliva il teatro Sociale, si offendevano i centri storici con edificazioni a servizio delle speculazioni immobiliari.
Negli anni ’60 si corregge il piano regolatore per quanto ancora possibile. La forte immigrazione in atto richiede la realizzazione di nuovi quartieri economici, con particolare rilievo ed estensione a San Fermo. Numerose anche le nuove scuole a servizio dei nuovi complessi abitativi, ma anche a integrazione degli esistenti edifici scolastici di educazione materna, elementare e media. La riorganizzazione discutibile della città nel dopoguerra, con le nuove edificazioni di iniziativa immobiliare e di servizio pubblico, è ancora qui davanti a noi per la nostra riflessione.
Anche con il nostro rimpianto, per le scelte sbagliate che si potevano evitare ma che, per interessi particolari o per inadeguatezza di giudizio, abbiamo compiuto.
In particolare la responsabilità va assegnata a chi ha amministrato questa città, perché aveva il compito e la facoltà di decidere. La storia ricorderà gli atti amministrativi e chi li ha compiuti.
Ho letto, e conservo, numerosi atti diversi ed estratti di delibere comunali a far tempo dall’ingresso di Garibaldi in Varese nel 1859. Si evidenziano intelligenze di personaggi che hanno lasciato segni positivi di costruzione della città. E gli errori compiuti.
Questo materiale prezioso mi è servito per scrivere la storia urbana più recente della nostra città. La città costruita, così come la viviamo, è il risultato che una storia controversa ci consegna. Il futuro dobbiamo prepararlo, o costruirlo per quanto ci è possibile, noi, oggi. Cercando di riflettere. Al di là di interessi di parte e convenienze contingenti. Ragionando per il bene comune.
Per la mia professione di architetto cerco di considerare la razionalità e la bellezza delle scelte da compiere. Spesso mi capita di riflettere anche sulla la mia responsabilità per i ‘segni’ che ho direttamente tracciato con i miei progetti, o che ho proposto di realizzare come amministratore pubblico.
Guardo le scuole che ho fatto costruire: la Vidoletti con Carlo Segre, la Salvemini con Luigi Vermi, la IV Novembre con Ercole Macchi ed Ernesto Radaelli. E le tante altre che ho fatto realizzare dagli uffici comunali o integrare con nuovi portici di ingresso, sale e palestre. Ripenso alla mia promozione del Liceo artistico con la collaborazione preziosa dello scultore Angelo Frattini.
Come amministratore pubblico forse sarò considerato fra gli amministratori con qualche merito. Con la partecipazione dei cittadini di questa città, che hanno sostenuto la spesa necessaria. La storia della città e la memoria dei cittadini che hanno assunto compiti di rappresentanza è fondata sulle decisioni e sulle opere che avranno compiuto.
Sono riflessioni che mi riportano a quanto oggi stiamo per decidere. Assistiamo increduli a scenari che abbiamo cercato di evitare per tempo senza l’ascolto competente e necessario anche dell’Amministrazione pubblica: come quello che ci offre la mole invadente del cosiddetto ‘Ponte del Sorriso’.
Siamo di fronte a una scelta che si vuole irreversibilmente compiere come quella, oggi, dell’autosilo alla Prima Cappella. Sono state fatte delle domande all’Amministrazione comunale per le quali attendevamo risposte ragionevoli. Perché un autosilo non adiacente al percorso per la funicolare? Perché tra due curve stradali vicine?
Perché un cantiere di lunga durata che ostacolerà l’accesso a Santa Maria anche in occasione dell’Expo? Perché scavi nella roccia con rischio di danni alla vicina chiesa dell’Immacolata? Perché l’autosilo non si realizza in piazzale Montanari come previsto dal PGT? Perché l’Amministrazione non espone le ragioni che sostengono una delibera che non si vuole modificare?
L’autosilo si farà così come è stato deciso, afferma l’Amministrazione. Senza altre discussioni o ripensamenti.
Si tratta allora di una decisione ‘politica’. A difesa della propria ‘parte’ o della propria immagine. Oggi.
Che la città dovrebbe soffrire permanentemente per la sua irrazionalità e pericoli e pagare per il suo costo notevole.
La storia e la memoria di questa città e dei suoi attuali amministratori attendono e sperano ancora.
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