Agosto, tempo di vacanze, di pensieri leggeri, di meditazioni e comode letture sotto l’ombrellone o al cospetto dei monti. Mese dove anche i problemi, i dibattiti e le polemiche si assopiscono in attesa di riproporsi a settembre. Tempo dove chi può molla tutto verso lidi esotici; altri verso mete più vicine. La maggioranza se ne sta però a casa cercando di distrarsi con brevi gite di giornata a riscoprire località vicine dove è anche bello ritornare di tanto in tanto, magari solo per accertarsi se qualcosa è cambiato o a rimeravigliarsi di quanto belli siano i nostri paesaggi.
Da tempo sostengo che Varese, per diventare polo di attrazione turistica nazionale e internazionale, debba fare squadra e rete, uscire dal provincialismo dell’appartenenza “condominiale”.
Varese non è uno spot a sé stante, pur con tante bellezze – il Sacro Monte, i laghi, i giardini, Villa Panza, le facilità sportive -, ma dovrebbe proporsi come eccellenza all’interno di un territorio più vasto, quello che sarebbe bene chiamare, per assonanza con altre consolidate realtà, il “Distretto dei Laghi –The Lake District”.
Varese è proprio al centro della regione dei laghi prealpini : Verbano, Ceresio e Lario. Un’ area omogenea, già ben conosciuta e promossa a livello internazionale in cui la nostra città è però attualmente l’ anello debole. I turisti passano da Varese giusto perché sulla strada di collegamento tra Lago Maggiore e Lago di Como. Magari ci si fermano, ma solo con veloci toccate e fughe. Varese meriterebbe ben altro e questo può avvenire solo con strategie sinergiche, coinvolgendo le diverse realtà pubbliche e private presenti nel Distretto dei Laghi.
Questo mese agostano di ozi sarebbe ideale per organizzarsi un bel giretto in questo distretto di laghi, colline e parchi. Magari con una facile e poco costosa gita in battello sul lago Maggiore a visitare un’eccellenza del nostro territorio : l’Isola Madre con il suo incantevole Giardino Botanico.
“L’isola Madre, paradiso terrestre. Alberi dalle foglie dorate che il sole ha indorato” così già nel 1845 Gustave Flaubert celebrava le bellezze di uno tra i più famosi gioielli naturalistici italiani.
Chi non conosce le Isole Borromeo, le “perle” del Lago Maggiore? Celebrate da artisti, uomini di cultura, poeti o semplici viaggiatori hanno sempre rappresentato una delle tappe obbligatorie e più richieste del turismo italiano. Turismo un tempo d’élite, dove le Isole Borromeo – Isola Bella, Isola Madre, in particolare – erano tappa obbligata del “gran tour” ovverosia di quel viaggio sabbatico eseguito dai rampolli della nobiltà o della ricca borghesia europea, ritenuto indispensabile alla loro formazione umana e culturale e che di fatto rappresentava il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta. Turismo divenuto poi di massa, dove centinaia di migliaia di visitatori sbarcano dai traghetti per ammirare le bellezze paesaggistiche delle isole del lago Maggiore.
L’Isola Madre appartiene alla nobile famiglia Borromeo dal 1500. “Scoglio cinto dal più bel lago d’Italia!” così il famoso architetto veneto Giuseppe Jappelli nel 1815 descrisse l’Isola Madre.
Scoglio sì, per le relative dimensioni ridotte, ma che è divenuto, grazie alle costanti e mirate cure, uno tra i più straordinari ed apprezzati Giardini Botanici del mondo, tanto da essere affiliato, con il gemello giardino dell’Isola Bella, dal gennaio 2003 alla britannica Royal Horticultural Society – RHS -, la più nota e prestigiosa Associazione mondiale per la difesa e preservazione dei giardini storici.
Lì, oltre all’incanto e alla magia di piante tropicali che convivono con alberi dei freddi estremi, tra uccelli vocianti e ruote di pavoni, tra cascate di petunie, scorci sublimi sul blu del Verbano e l’azzurro del cielo si potrà avere la ventura di imbattersi e scambiare due parole – vista la sua disponibilità e cortesia a far da guida ai visitatori – con un personaggio fuori dal comune, un giardiniere, meglio il capo giardiniere dell’Isola Madre e dell’Isola Bella, Gianfranco Giustina, un aitante cinquantanovenne che proprio quest’anno ha ottenuto a Londra il prestigioso riconoscimento RHS Veitch Memorial Medal, il premio che annualmente la Royal Horticoltural Society assegna alla persona che, nel mondo, ha contribuito maggiormente all’”avanzamento dell’arte, della scienza o della pratica dell’orticoltura”. Un premio importante tanto da costringere il “The Wall Street Journal” ad inviare sull’Isola un giornalista per seguire un intero giorno di lavoro del Giustina. Un premio alla cui assegnazione concorre una selezione rigorosa dei candidati in classico stile british. Un riconoscimento che nei 209 anni vita della Royal Society è andato solo due volte ad italiani.
Conosco Gianfranco da una vita, ne conosco il carattere umorale, ma anche la sua passione e la sua disponibilità.
Per lui vale sicuramente quando scrisse Reginald Arkell nel suo bellissimo libro, consigliabile per una facile lettura estiva, “Memorie di un vecchio giardiniere”: “Strano? … nient’affatto … era giardiniere … già, giardiniere … e i giardinieri sono tutti fatti un po’ così !”. Più che un lavoro Gianfranco considera la sua attività, che ormai svolge lì da quasi quaranta anni, una passione che anziché diminuire, aumenta. E il suo quotidiano è fatto di curiosità nello sperimentare, di pazienza, di fatiche e anche di sfide. Alcune memorabili, come quella che mi vide impegnato con Giustina a progettare, dirigere ed eseguire, con il supporto di un formidabile squadra di operatori, le opere di salvataggio del cipresso del Cashmire caduto al suolo durante un uragano la notte del 29 giugno del 2006. Un lavoro che ha fatto scuola in tutto il mondo e che, come espresso nelle motivazioni al premio inglese assegnato all’amico Gianfranco, ha rappresentato un mirabile ed unico esempio di amore per gli alberi.
Del salvataggio ne hanno parlato e scritto tutti. Il Tg1 serale ne diede notizia, la BBC inglese mandò in onda un servizio, internet, riviste, giornali tutti a raccontare ciò che era accaduto la notte del 29 giugno 2006 e i giorni successivi. Un tremendo fortunale, una vera e propria tromba d’aria d’inusuale violenza alle due di notte aveva fatto strage del parco botanico dell’Isola Madre. Oltre duecento esemplari arborei caduti o danneggiati nello spazio di due minuti e tra questi l’albero più rappresentativo, il simbolo del giardino e della stessa Famiglia Borromeo, uno dei più imponenti esemplari europei, il Cipresso del Cashmire radicato sull’omonima Loggia, messo a dimora lì nel 1863 e cresciuto a dismisura con le leggere e pendule fronde argentate a toccare il terreno e a meravigliare le migliaia di turisti che ogni anno affollano l’oasi botanica. Un vero disastro!
Fu un’impresa veramente epica: un esemplare del peso di 70 tonnellate da rialzare, su di un’isola rocciosa in mezzo ad un lago dove tutto diventa più difficile e più complicato, l’assoluta mancanza di esperienze similari nel mondo che potessero fornire utili indicazioni operative, la necessità di fare presto perché eravamo nei giorni più caldi dell’anno e ogni minuto era preziosissimo … ce ne era a sufficienza per non dormire la notte! … e poi, come sostenere e tenere in piedi un albero rialzato di siffatta mole con una parte delle radici danneggiata e quindi con potere d’ancoraggio notevolmente ridotto? Furono giornate difficili e d’apprensione, ma professionalmente estremamente esaltanti perché ci sorreggeva la speranza di ridare vita a quel gigante abbattuto e dato dai più per “spacciato”. In quelle calde giornate mettemmo in gioco la nostra passione, le nostre capacità, la nostra organizzazione, la nostra esperienza e le nostre conoscenze; fu un’avventura estremamente coinvolgente, non solo dal punto di vista professionale, ma anche e soprattutto da quello emotivo e passionale.
Oggi a distanza di otto anni, l’albero sembra rinato; migliaia di nuovi getti rivestono di nuovo la possente chioma; un vero miracolo botanico!
Seguite il mio consiglio: programmate in questo mese di svago e riposo una bella gita nel distretto dei laghi all’Isola Madre ad ammirare il grande vecchio rinato. Ne varrà la pena.
Sicuramente avrete la fortuna di incontrare anche Gianfranco Giustina, il Premio Nobel dei Giardinieri, sempre sorridente e disponibile, mai avaro di aneddoti e chiacchiere, sempre al lavoro, anche in Agosto, perché “… si sa … i giardinieri – quelli veri però – sono tutti fatti così !”.
Buone vacanze e buon riposo a tutti!!!
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