Nei giorni scorsi ho avuto occasione di compiere un viaggio nel nord della Penisola iberica. Da Porto, la seconda città del Portogallo (i portoghesi si offendono se la chiamiamo Oporto) a Santiago de Compostela, percorrendo tuttavia a piedi solo gli ultimi chilometri di un cammino che quest’anno potrebbe superare il record di pellegrini.
Santiago fa ovviamente storia a sé, rappresentando un simbolo della cristianità da duemila anni dato che vi sono conservate le spoglie di uno degli apostoli di Gesù. Il cammino per antonomasia è ormai quello che porta alla grande cattedrale della capitale della Galizia e ben poca fortuna hanno avuto quelle che potremmo definire le imitazioni, come la via Francigena, percorsa solo da pochi appassionati dal Nord Italia a Roma.
Ma tra le particolarità incontrate in questo breve viaggio c’è stato anche un Sacro Monte, a pochi chilometri da Braga, la terza città del Portogallo a metà strada tra Porto e il confine con la Spagna. Un Sacro Monte con in cima il Santuario del buon Gesù e caratterizzato, oltre che dalle cappelle, anche da una scenografica scalinata divisa in cinque parti, con cinque fontanelle che ricordano i cinque sensi.
Un numero considerevole di pellegrini-turisti sceglie ogni giorno di visitare questi luoghi, un numero sicuramente superiore a quello che raggiunge Varese e il nostro Sacro Monte. A metà mattina di un giorno feriale di fine luglio c’erano almeno quindici pullman di viaggi turistici e di pellegrinaggi provenienti da ogni parte d’Europa.
Eppure la basilica di Braga è sì interessante, ma é in uno stato pietoso di conservazione. Le cappelle sono buie, spoglie, con poche e malfatte statue, annerite dal fumo delle candele. Ma in compenso i parcheggi erano ben organizzati, i collegamenti facili, le possibilità di soggiorno ampie. E tutto questo nonostante non vi siano particolari motivi di attrazione religiosa se non una tradizione del tutta locale legata a secoli di cattolicesimo vissuto con profonda partecipazione.
Con il dovuto rispetto per gli amici portoghesi al confronto il “nostro” Sacro Monte è un monumento splendente che raccoglie in sé tanti elementi al massimo livello: da quello innanzitutto religioso a quello artistico, soprattutto dopo i restauri compiuti negli anni scorsi sotto la spinta di don Pasquale Macchi, da quello naturalistico-ambientale a quello turistico nel senso più vasto dato l’interesse che può suscitare la zona circostante.
E in questa prospettiva tuttavia il riconoscimento dell’Unesco, tra i patrimoni mondiali dell’umanità, è altrettanto meritato, quanto poco sfruttato e valorizzato. Dopo un analogo riconoscimento concesso negli anni scorsi alle Dolomiti pur tra molte difficoltà é nata una Fondazione sostenuta da tutte le amministrazioni locali per valorizzare al massimo, anche da un profilo “commerciale” l’iscrizione in questo albo del tutto particolare. Non mi risulta che per i Sacri monti si sia fatto nulla di simile, a parte un’associazione che con molta buona volontà cerca di pubblicizzare quello che ogni singolo sito realizza.
Eppure sono molte e significative le esperienze compiute, come gli spettacoli teatrali che anche quest’anno hanno raccolto grande interesse (dimostrando peraltro per l’ennesima volta la grande fragilità dei sistemi di collegamento). E sono encomiabili gli sforzi di chi per passione, come l’Associazione Amici del Sacro Monte, si impegna per far conoscere e amare questi luoghi.
Ma il nostro Sacro Monte potrebbe avere una grande attrattiva se riuscisse ad essere inserito negli itinerari internazionali, se diventasse meta di gite organizzate per gli ospiti di Lugano, Locarno, del Lago di Como, se fosse oggetto di una forte operazione di marketing religioso (e profano) appoggiata tuttavia ad una realtà accogliente per i turisti e i pellegrini.
Proprio guardando alle esperienze di altri paesi ci possiamo rendere conto delle grandi opportunità che potremmo avere con ricadute positive per tutta l’economia locale. Ma se un vero rilancio è possibile, questo può avvenire solo se si riuscirà a rimediare alla lunga serie di errori, come hanno sottolineato molti articoli di RMFonline nelle ultime settimane, che dagli anni ’50 hanno contrassegnato soprattutto la politica dei collegamenti. Errori che tuttavia purtroppo continuano, come dimostra la nota vicenda del parcheggio alla Prima Cappella.
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