È indubbio che John Maynard Keynes (1883-1946) ha fortemente condizionato non solo lo sviluppo del pensiero economico, ma altresì i piani pubblici di investimento dei Governi in economia e la stessa concezione della società. Superando la logica miope del laissez faire di tradizionale memoria, ha intravisto la possibilità di fare funzionare l’iniziativa individuale grazie alla socializzazione degli investimenti in tempi di crisi devastanti; liberale, sostenitore della proprietà privata, ha salvato il capitalismo da se stesso, confutando la dottrina dell’austerità come capace di ergersi naturalmente a regola del riequilibrio in quanto modello virtuoso. Ha considerato l’economia come una scienza essenzialmente umana, non naturale, in quanto la materia a cui si applica non risulta omogenea nel tempo a motivo del mutare delle motivazioni, aspettative, incertezze psicologiche.
Vanno considerate attentamente le contingenze del contesto storico-sociale. Non si studiano seriamente e in modo efficace i sistemi dinamici, se non tenendo conto appieno della loro irriducibile complessità. I modelli formali semplici si fondano su assunti essenzialmente astratti, su schemi deterministici, conferendo una razionalità perfetta agli agenti economici.
Principio primo è quello di eliminare la scarsità del capitale, inducendo il rentier, la rendita, all’eutanasia. L’offerta non crea sempre la propria domanda (assunto classico), è da discutere la tendenza naturale del sistema della concorrenza a stabilire la piena occupazione dei fattori produttivi.
Suo accanito avversario Friedrich von Hayek (1889-1992), economista di scuola austriaca, premio Nobel 1974, fautore del libero mercato e sostenitore del laissez faire: i mercati, se non ostacolati, tendono spontaneamente all’equilibrio; l’attività speculativa sui mercati finanziari è un fattore di stabilità. Vedansi le ricette adottate dalla signora Thatcher e da Ronald Reagan, con risultati alla fine preoccupanti, se non disastrosi: riduzione delle aliquote d’imposta sulle fasce più alte, con la speranza di incrementare gli investimenti, drastica riduzione dell’intervento pubblico, deregolamentazione dei servizi e del settore finanziario.
Nato da una famiglia di accademici di Cambridge, già a 14 anni Keynes ottiene una borsa di studio per Eton, il collegio più prestigioso di Inghilterra e nel 1902 entra al King’s College di Cambridge con una borsa di studio in matematica e in materie classiche. Si appassiona alla scienza economica leggendo i “Principi di economia” di Alfred Marshall, uno dei fondatori della scuola neoclassica. Nel 1906 entra come funzionario al ministero degli Affari indiani. Dal punto di vista filosofico si richiama ai Principia Ethica di George Edward Moore. Nel 1909 viene accolto nel celebre circolo londinese di Bloomsbury di ispirazione anticonformista. Dal 1912 è direttore dell’Economic Journal.
Nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, è membro della delegazione inglese alla Conferenza di pace di Versailles.
Ha ormai una visione dell’economia mondiale concepita non come insieme delle economie nazionali separate le une dalle altre, bensì da riferire a un contesto internazionale organicamente concepito. Ecco nel 1919 le “Conseguenze economiche della pace”. Difensore della dignità dei vinti, constatando l’interdipendenza dell’economia europea, sottolinea l’incongruità dei risarcimenti imposti dai vincitori alla Germania (da limitare a un ammontare modesto da corrispondere annualmente a Francia e Belgio). La ricostruzione della Germania è indispensabile per la risoluzione della crisi generale, pena l’inflazione e la povertà. Il creditore unico statunitense si rivela irresponsabile, manifestandosi incapace di assumere la leadership globale, mentre l’Europa è schiacciata dal peso dei debiti interalleati.
Si unisce in matrimonio con la danzatrice Lidija Lopuchova del Russian Ballet di Sergej Diaghilev. Assume ruoli chiave in compagnie di assicurazione e fondi di investimento.
Del 1923 è la “Riforma monetaria” contro le politiche deflazionistiche britanniche. Vi sostiene la flessibilità dei tassi di cambio, non ritenendo il gold standard un regime appropriato nel delicato momento storico. Non va premiato l’elemento improduttivo, il rentier (avvantaggiato dalla deflazione). La riduzione del credito intensifica la disoccupazione, creando gravi problemi sociali.
Nell’ottobre del 1930 esce il “Trattato sulla moneta”, che pone al centro le prospettive di profitto imprenditoriale. Nessun meccanismo automatico può rendere compatibili le decisioni di risparmiatori e investitori; nel processo il livello dei prezzi non è influenzato solo dalla quantità di moneta, ma dipende anche dall’esistenza di squilibri reali di natura macroeconomica (stabile soltanto solo se risparmio e investimenti si eguagliano ); la recessione o depressione non può aver fine se non con una ripresa degli investimenti. Una moneta sopravvalutata è una moneta senz’altro debole.
Tra il 1930 e il 1935 negli Stati Uniti si verifica il crollo di produzione e redditi ; la disoccupazione ascende al 25% con 13 milioni di disoccupati e il dramma si estende alla sfera internazionale. Dell’inizio 1936 è la pubblicazione del libro “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”. L’intervento dello Stato è invocato da Keynes non perché debba sostituirsi alle forze del mercato e all’impresa privata, bensì perché necessario per fare ripartire il processo economico (anche con deficit) secondo un meccanismo di moltiplicazione del reddito. Nessun autoaggiustamento produce l’equilibrio. Una domanda effettiva per consumi e investimenti insufficiente impedisce a livello dell’occupazione di eguagliare l’offerta di lavoro potenzialmente disponibile al salario vigente, onde l’intervento pubblico a sostegno della domanda. Nessun meccanismo endogeno al sistema risulta adeguato. Solo parzialmente accolti risultano i consigli e le soluzioni offerti nello sviluppo della politica del New Deal, ma confortante nel 1942 è il sostegno offerto alle proposte da William H. Beveridge (estensione su larga scala delle assicurazioni sociali e creazione del servizio sanitario nazionale).
Nel 1942 Keynes ottiene un seggio alla Camera dei Lord. Enorme il suo contributo nel gettare il fondamento del nuovo ordine formatosi a Bretton Woods (il dollaro diviene moneta di riferimento, riequilibrio degli squilibri dei pagamenti internazionali).
Purtroppo l’assoluta libertà del mercato predicata dal premio Nobel Milton Friedman incide fortemente sulla crisi degli anni Settanta e su quella sviluppatasi dal 2007-2008: è stato notevolmente sottostimato il rischio sistemico della finanziarizzazione e della crescente disuguaglianza, che l’accompagma; il non-sistema neoliberista contemporaneo, l’assenza di regole per la condivisione delle responsabilità si sono rivelati fallimentari. Le istituzioni internazionali corrono il pericolo di essere strumentalizzate dai paesi più forti.
Ecco perché le teorie e la lezione di Keynes vanno rimeditate.
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