Da qualche tempo – complici anche le “vicissitudini” della Caserma Garibaldi – si è ripreso a parlare di un “nuovo Teatro” a Varese. Vale la pena di interrogarsi – ad adiuvandum, e non ad opponendum – su quali siano le “condizioni di possibilità” perché una simile prestigiosa istituzione possa esser creata, e soprattutto sussistere, nella nostra Città.
Premetto che, quando parlo di ‘Teatro’, intendo riferirmi a un Teatro “pubblico”, ossia riconducibile ad un soggetto istituzionale (probabilmente, ma non necessariamente, il Comune…), che, nell’interesse collettivo, ne curi la programmazione e su di esso eserciti poteri di vigilanza e controllo.
I fattori di cui occorre tenere conto sono almeno tre.
Il primo è la “capienza” del Teatro.
Oggi come oggi, gli spettacoli teatrali “di qualità” (argomento su cui ritornerò fra breve) sono, in genere, assai costosi. È quindi assai difficile che, senza una media di almeno mille spettatori paganti a spettacolo, una gestione possa chiudere, quanto meno, “alla pari”. Occorre perciò, da questo punto di vista, che il nuovo Teatro sia “grande”. Bisogna quindi vedere se la Caserma Garibaldioffra gli spazi necessari, tenuto conto anche del fatto che, almeno da quanto sino ad ora riportato dai media locali, non sembra che tutta l’area debba essere adibita in futuro a funzioni soltanto culturali…
Ma ciò non basta, e qui entra in gioco il secondo fattore, che è la “domanda” da parte del pubblico.
Occorre cioè che il “bacino di utenza” del nuovo Teatro sia in grado di produrre un simile numero di fruitori. E qui occorre tenere conto chela Provinciadi Varese è già assai ricca di programmazioni: per limitarci alla parte Sud, quattro sale a Gallarate, una a Cassano Magnago, una a Busto Arsizio, una a Saronno … per non parlare della vicina Milano, raggiungibile in un’oretta, dove l’offerta è vastissima. Sarà quindi opportuna, prima di adottare qualunque decisione, una seria “indagine di mercato”, volta a conoscere se un pubblico, almeno potenziale, davvero vi sia.
E qui non possiamo che riferirci ad un terzo fattore di criticità: la programmazione.
Un Teatro nato ad iniziativa del settore pubblico, infatti, ha obblighi diversi da uno meramente privato. Quest’ultimo può concentrarsi su spettacoli di pura “cassetta”, oppure intelligentemente alternare qualche “classico” a più numerose iniziative di grande “chiamata”. Un Teatro pubblico – senza che con questo debba annoiare la gente – non può non puntare, prevalentemente, che su grandi realizzazioni, grandi registi e grandi autori. Non solo, ma non può non offrire spazio a settori affini ed oggi piuttosto in crisi, come la musica classica. Questo fa diventare una necessità il contributo pubblico che, alla fine dell’anno, ripiani le comunque inevitabili perdite, e bisogna vedere se le casse del settore siano o no in grado, almeno nel medio periodo, di sostenere un simile onere.
Devo dire in tutta franchezza che, sotto questo profilo, sarebbe ingenuo ostentare ottimismo. È un po’ difficile pensare che Comuni i cui Sindaci dichiarano ad ogni piè sospinto di non avere danari neppure per la manutenzione ordinaria delle strade (oppure che dicono di sì di averli, ma di non poterli spendere per i ben noti vincoli di bilancio) … riescano poi a trovarli per sostenere una stagione teatrale!
Molti risponderanno che si potrà ovviare all’inconveniente con le sponsorizzazioni private. Ma questo vuol dire credere di risolvere il problema ricorrendo ad uno più grande. Con i tempi che corrono, è improbabile che un imprenditore privato, il quale quotidianamente corre il rischio di “portare i libri in Tribunale”, possa permettersi di sostenere costi del genere, del tutto estranei alla mission della sua azienda (specie là dove, come nel Varesotto, molte imprese lavorano per altre più grandi, e non direttamente per i consumatori: sicché neppure si può sperare in una ricaduta, per dir così, “pubblicitaria”).
Questo non vuol dire che un nuovo Teatro a Varese non debba farsi. Significa solo che l’Amministrazione, prima di assumere qualunque iniziativa formale, dovrà “far bene i conti” (è proprio il caso di dirlo!) con se stessa e conla Città. Nonsolo studiando bene la questione, ma anche – perché no? – con un’iniziativa referendaria preventiva (prima cioè che “i buoi siano scappati”…), dove dicesse lealmente ai cittadini che cosa intende fare.
Se i cittadini, convenientemente informati, dicessero di sì al nuovo Teatro, avrebbero poi l’obbligo politico e morale di sostenerlo (e, se questo non facessero, non avrebbero poi modo di prendersela coi loro governanti). Se invece dicessero di no, il capitolo sarebbe chiuso, e nessuno poi potrebbe continuare a lamentare la “dissennata distruzione del Teatro” del secolo scorso!
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