In occasione dei settecento anni della posa della prima pietra della cattedrale di Santa Maria del Fiore, l’allora cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, rivolgendosi a “sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici uomini e donne della Chiesa di Dio che è in Firenze e a quanti da semplici turisti visitano la cattedrale” li ha invitati a volersi aprire al suo messaggio per compiervi un itinerario orientato alla fede; lui stesso si offre come guida.
Ognuno di noi, nella sua storia, ha – oltre alla propria chiesa parrocchiale dove ha ricevuto il Battesimo – qualche luogo particolarmente significativo per la propria formazione personale.
E’ bene di tanto in tanto rivedere il pellegrinaggio della propria vita, a partire dalla storia della comunità in cui si è cresciuti, con l’atteggiamento del popolo ebreo, che lodava e ringraziava il Signore per ogni evento. Sarà l’occasione per conoscere meglio e amare di più la chiesa: “luogo santo”, “tempio visibile”, “casa del Signore”, “porta del cielo” e fare memoria delle persone che hanno edificato o abbellito il tempio materiale, e ancor più l’“ecclesìa”, cioè la comunità, che è la “famiglia di Dio”.
Tanti luoghi santi, che troviamo sul nostro territorio, rappresentano punti di riferimento spirituale da molte generazioni: ecco perché è utile che impariamo ad apprezzare la storia locale, a riscoprire i tesori d’arte custoditi in chiese e musei, a farli conoscere nel loro valore artistico e religioso.
Molte di queste opere sono di carattere popolare, scaturite da sentimenti di gratitudine delle comunità di credenti. Molti sono autentici capolavori, che aiutano a ritrovare “la via della bellezza”, a suscitare lo stupore, ad alimentare l’atteggiamento di contemplazione e di meraviglia che avvicina a Dio e al suo mistero.
La conoscenza e il riferimento alla Bibbia oltre che alla storia della Chiesa permetteranno di scoprire nelle decorazioni dell’altare, del tabernacolo, del battistero, della Via Crucis… la preziosità di bassorilievi, vetrate, fregi… i cui motivi facilmente traggono ispirazione dalle Scritture.
E’ evidente la stretta connessione che c’è tra arte e parola, arte e preghiera, arte e vita, arte e comunione, arte e fede in Cristo, dato che la vita si è fatta visibile anche attraverso la contemplazione del mistero di Dio e dell’uomo: con le loro opere in tutti i secoli persone geniali hanno cercato di tradurre in immagine ciò che avevano contemplato nella preghiera.
E così si sono fatti interpreti della parola di Dio, rendendola accessibile alle moltitudini che in tal modo si sono potute accostare alla Bibbia, prima sconosciuta.
L’arte cristiana in genere – e quella liturgica in specie, presente nei luoghi di culto – può essere un antidoto alla spersonalizzazione e all’abbrutimento dell’esperienza visiva, presente nella nostra cultura: una riaffermazione del mistero cristiano. Può aiutare ad avere una visione “eloquente” del mondo a venire e comunicare una gioia interiore duratura. Aiuta, inoltre, a coltivare l’amore del bello, condiviso da generazioni diverse.
In sintesi: “Questo “Duomo”, come ogni luogo di culto, è un segno della Chiesa che vive in quel luogo. Ne manifesta a suo modo l’unità e la comunione gerarchica, ne conserva e tramanda tesori di fede e di grazia, ne racchiude la storia, ne proclama il messaggio” (card. Piovanelli).
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