Un anno fa, Varese si è dotata di un Regolamento per la tutela del decoro urbano e dell’igiene ambientale: una serie di norme improntate alla salvaguardia della naturale vocazione storica di “città giardino” e alla valorizzazione del senso civico di mantenimento della bellezza del territorio, delle aree urbane del centro e dei quartieri. Da un lato quindi, la scelta di ridimensionare l’aspetto sanzionatorio a favore di un potenziamento della collaborazione tra amministrazione e privati cittadini per migliorare la vivibilità dei luoghi, a partire dalla pulizia, dalla cura e dalla partecipazione consapevole alla costruzione del bello.
Personalmente avevo sollecitato la diffusione tra i cittadini di tali regole, mettendole a disposizione nei luoghi pubblici o presso gli esercizi commerciali e distribuendole anche nelle scuole, in forma semplificata, allo scopo di promuovere il senso civico e la condivisione presso i giovani.
Il decoro di una città infatti nasce dalla cura che ciascuno riesce a sentire come esigenza naturale del senso di appartenenza. E, prima ancora, dalla volontà amministrativa sia di darne esempio sia di provvedere a creare le migliori condizioni di miglioramento. Ciò significa che se in una città imperversa il disamore per i luoghi, le strutture, gli spazi pubblici da parte di persone che ostentano il “non averli a cuore” deturpandoli, snobbandoli, finanche volontariamente incendiandoli (come a Varese nelle ultime settimane), qualcosa non quadra nel rapporto tra cittadini e città. Un po’ come quando in una relazione educativa i risultati evidenziano sfilacciamenti e debolezze, non è utile rimarcare l’incapacità del discente, bensì serve che l’educante si fermi, rifletta e corregga il tiro delle proprie azioni.
Varese di questi tempi non è la bella città che tutti vorremmo e che abbiamo anche avuto modo di conoscere tempi addietro: passando a piedi spesso per le strade cittadine e frequentando i rioni il campanello d’allarme della caduta verso il basso suona con insistenza. Responsabilità dei singoli certamente. Ma non solo.
Da un lato diventa infatti urgente che l’Amministrazione condivida con i cittadini, nelle forme di dialogo ritenute più appropriate, il decoro che assieme è necessario ricostruire. Facendo ciascuno la propria parte. Il regolamento del decoro urbano e dell’igiene va quindi portato il più possibile vicino ai cittadini, stimolando il valore della compartecipazione nella costruzione del “bello” che è indiscutibilmente necessario al ripristino e al mantenimento della dignità ambientale come patrimonio di tutti.
D’altro canto, però, nella relazione educativa (non la ritengo una espressione linguistica desueta o poco opportuna) tra chi governa ed amministra e i cittadini, occorre rendere evidente la volontà istituzionale di rendere belli, ordinati, decorsi i luoghi che sono di tutti.
Sono andata nei giorni scorsi a riguardare Casa Orrigoni, nei pressi di via Frasconi a Biumo inferiore. Non tanto perché quelle zone mi sono familiari, bensì stimolata dal post su Facebook di un cittadino che ne segnalava l’abbandono. La villa, di grande pregio storico ed architettonico, versa in condizioni pietose, lasciata a se stessa.
Né sono un bel vedere la stazione di arrivo della funicolare al Campo dei Fiori, il Castello di Belforte che vegeta tra l’incuria e la mancanza di progettualità attorno al suo ripristino ola Caserma Garibaldi, cuore del dibattito politico ad ogni tornata elettorale, acquistata dal Comune nella passata amministrazione per quasi due milioni e mezzo di euro e ora non solo decrepita ma anche pericolante e pericolosa.
Nei rioni, a settembre dovrebbe partire finalmente il recupero di Piazza de Salvo alle Bustecche, dopo che per anni il centro vitale del quartiere è stato lasciato degenerare tra pezzi di pavimentazione dell’anfiteatro che si staccavano. A Valle Olona invece l’edifico storico della elementare De Amicis, dopo la chiusura del plesso scolastico, attende silenziosamente immobile, non senza contorno spesso di erbacce incolte, di essere alienato prima di finire nello stato comatoso di altre costruzioni pubbliche.
Ora, una ordinanza di Giunta di questi giorni, dovrebbe apportare a breve una modifica al regolamento del decoro di cui abbiamo detto: il privato al quale verranno imbrattasti i muri di una proprietà, sarà chiamato a ripulire tempestivamente scritte o murales. In una prima versione del regolamento erano previste delle sanzioni per chi “beffato dalla sorte e dai deturpatori” avesse visto danneggiate la propria abitazione o le pareti esterne del proprio esercizio. Poi sono state ragionevolmente eliminate, ma ecco che adesso leggiamo dalla stampa che viene introdotto per i proprietari l’obbligo dei tempi ristretti nella risistemazione. Ciò significa pertanto che anche il Comune, dovrà, nella logica del buon esempio, intervenire entro i limiti imposti ai privati nel ripulire i muri dalle scritte. Novità è comunque l’istituzione di un Nucleo di vigilanza del decoro, composto da volontari e che sarà attivo a tempi brevi, nella logica del cittadino responsabile e collaborante.
Direi che però, visto che al cittadino si chiede prontezza nel sistemare quanto rovinato da altri, è necessario che l’Amministrazione dimostri analoga volontà e disponibilità ad interventi manutentivi e di ristrutturazione altrettanto tempestivi. I fondi a disposizione del Comune sono pochi, senza dubbio, ma forse anche un commerciante o un privato fatica a correre ai ripari di ogni danno vandalico sulla sua proprietà.
Certamente la situazione di stallo in cui versano diversi edifici pubblici è determinata anche dalla mancanza di salvaguardia nei decenni precedenti: una sapiente, mirata, costante attenzione avrebbe mantenuto in vita in modo decente luoghi, edifici e costruzioni sulle quali sarebbe stato poi sicuramente più facile intervenire. Negli Anni Sessanta la politica dominante è stata quella di radere al suolo ciò che sapeva di antico per fare spazio ad ecomostri che gridano vendetta ogni volta in cui si riguardano storiche immagini della Varese ante boom economico. Da qualche anno a farla da padrona è invece una sorta di indifferenza che mette da parte ed emargina dall’interesse collettivo parte del patrimonio pubblico.
Ma ad essere carente è soprattutto la progettualità, il sapere cosa si vorrebbe fare di certi luoghi, per conservane il pregio architettonico e il valore storico artistico. Passo importante e costruttivo sarebbe invece quello di mettere in circolo, in forma virtuosa, un confronto con i cittadini sulla vocazione di edifici o siti comuni: dalle idee nascono le idee e si possono aprire strade magari impensate. Una strada che fatica però ad essere intrapresa.
You must be logged in to post a comment Login