La giornata del Papa è lunga ed impegnativa: inizia con la preghiera del mattino ad ore antelucane (alle 4,45) e si svolge tra impegni molteplici sino alla sera dopo cena. La preghiera, la preparazione della predica di Santa Marta per la messa quotidiana, gli incontri con i collaboratori e il disbrigo delle pratiche normali per la guida della vita della Chiesa, le udienze pubbliche in un bagno di folla con i fedeli accorsi da tutto il mondo, la scrittura di documenti e discorsi scandiscono regolarmente la vita di quest’uomo che ha imparato, da buon gesuita, a non risparmiarsi e a usare il tempo della giornata senza stacchi o pause di riposo.
Una fatica resa ancora più impegnativa dai settantasette anni di Papa Bergoglio che ha assunto i compiti del suo ministero pontificale nello spirito di chi non può perdere tempo, nonostante alcuni problemi di salute che lo accompagnano da tempo. Forse anche per questo ultimamente il Papa ha chiesto di pregare per lui, di sostenerlo nella sua azione che sta svolgendo anche attraverso un ristretto gruppo di collaboratori (gli otto cardinali scelti per discutere le questioni fondamentali della riforma strutturale della Chiesa), senza troppo badare alla necessità di recuperare le energie impiegate. Questo Papa non è abituato a fare delle ferie, e non è nell’ottica di ritagliarsi nel tempo che sia solo suo e che gli serva per ritemprarsi; per questo forse sono state proprio alcune indisposizioni ad obbligarlo a fermarsi almeno per qualche istante.
Recentemente, la cancellazione della visita al policlinico Gemelli ha fatto pensare a problemi di salute seri, smentiti dal suo portavoce Padre Lombardi che ha invece confermato gli impegni nei giorni successivi, ma ciò non toglie che si debba considerare anche il peso della fatica ed eventualmente la rinuncia a qualche impegno già assunto. Il Papa non è una specie di Superman né un eroico stakanovista dello spirito: la sua forza e la sua energia gli vengono dalla fede e dalla consapevolezza dei suoi compiti, senza per questo dimenticare i limiti propri della corporeità. Un Papa dunque che ci insegna a non essere avari nell’offrire se stessi, ma che al tempo stesso richiama continuamente che solo il Signore può decidere della vita, della sua durata, della sua efficacia. Non c’è dunque contraddizione tra il donare senza riserve tutto ciò che si è e si possiede e mantenere una saggia prudenza ed un giusto riguardo nell’impiego delle proprie energie. La figura stessa di papa Francesco ci ha così abituato a percepire in lui una umanità simile a quella di tutti, che è però volta a testimoniare in ogni aspetto il contenuto della fede.
In questa prospettiva va letta anche l’umiltà di mandare a monte impegni già presi, con il rischio della delusione dei fedeli e di qualche illazione dei mezzi di stampa, esponendo i contorni del proprio limite. Certo non gli servono pastiglie per dormire la notte, perché il sonno del giusto viene meritato da come è vissuta la giornata, nella coscienza chiara del valore del tempo e di ogni gesto. Tutto è perciò nella sua vita curato fino al dettaglio, per mostrare la sua grande affezione a Gesù Cristo, la sua dedizione alla vita della Chiesa, il suo amore incommensurabile per tutti gli uomini, la responsabilità per l’incarico cui è chiamato. Questo sembra quasi eliminare la differenza tra tempo del riposo e tempo del lavoro, per instaurare un unico tempo, quello dell’uomo impegnato con l’esistenza, sia che stia svolgendo la più alta responsabilità storica sia che stia vivendo il più piccolo dei gesti umani; ed è anche questo che ce lo rende più vicino.
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