Settecentosedici imprenditori agricoli, soprattutto lombardi, veneti e friulani, hanno di recente fatto pervenire, promotori Franco Nelli e Deborah Piovan, una lettera-appello alla senatrice a vita Elena Cattaneo e a tutti i parlamentari: chiedono che lo Stato riconosca la libertà di ricerca scientifica e quella di impresa.
In Italia attualmente risultano vietate le coltivazioni di piante geneticamente modificate, nonché la loro sperimentazione. In gioco sono gli interessi delle lobby costituite dalle grandi multinazionali, dai produttori di insetticidi. C’è il rischio di contaminazione delle culture tradizionali nel caso non vengano rispettate adeguate distanze di sicurezza. Epperò si deve registrare anche il fatto che mucche e maiali in troppi casi sono alimentati con mais modificato. Con gli interessi di nicchia figurano pregiudizi ideologici. Di qui sinora il prevalere del principio di precauzione, perché non si determinino pericolosi inconvenienti irreversibili con l’aggiunta, eliminazione o modifica di alcuni geni.
Nel mondo le iniziative più diffuse (soia per il 79%, cotone per il 70 %, mais per il 32 % e colza per il 24 %) investono un totale di 174 milioni di ettari in 27 paesi con 18 milioni di coltivatori impiegati. Nell ’ordine decrescente si segnalano per convinzione nello sperimentare e produrre ogm Usa, Brasile, Argentina, India, Canada. In Europa i singoli stati membri sono stati lasciati liberi di coltivare o vietare. Si sono pronunciati a favore Portogallo, Repubblica ceca, Slovacchia, Romania, Spagna.
C’è da tener conto per un verso del fatto che la monocultura e la concimazione con nitrati di sintesi rendono le piante più suscettibili alle malattie, anche se si verifica un aumento della produttività, che rendono sterili i terreni, causano inquinamenti delle falde acquifere, contaminazione dell’aria, fanno sprecare acqua ed energia; per l’altro nei prodotti biologici il contenuto delle micotossine è significativamente inferiore a quello rilevato nei prodotti coltivati in modo diverso. Nel comparto del naturale si arruolano 43.815 imprenditori e il nostro Paese si sente vocato per il tipico, in quanto afferma il primato della biodiversità. Tanto più questi temi meritano risalto in relazione all’Expo 2015, che è tutto centrato sulla nutrizione.
Lunedì 31 marzo 2014 è stato presentato a Yokohama a opera dell’Onu il 5° rapporto sul cambiamento climatico, frutto del lavoro di 436 autori e 1729 esperti. Si sono accusati i seguenti fenomeni: i ghiacciai continuano a sciogliersi, le risorse idriche diventano più critiche, si intensificano onde di calore e piogge violente, in varie zone muoiono le barriere coralline, con migrazione ed estinzione di pesci, le acque si fanno sempre più acide (CO 2), i livelli degli oceani sono in crescita.
Due sono le ipotesi formulate: 1) aumento di due gradi di temperatura entro fine secolo; 2) crescita oltre quattro gradi, a seconda dei modelli. In Italia causa il riscaldamento si paventa un decremento del 2% ogni decennio in tutte le coltivazioni,, di cereali in particolare. Sempre maggiore la vulnerabilità che affliggerà poveri ed emarginati per via dell’effetto serra. Lancet, uno dei più prestigiosi giornali di medicina del mondo, in una nota del 10 aprile accusa in proposito il neoliberismo, che ha dominato il secolo trascorso.
Per quanto concerne l’acqua, se il consumo si aggira intorno ai200 litri al giorno pro capite in Italia, in Africa è di20, inUSA all’opposto di 600. Tra India e Cina si è scatenata una battaglia con l’acqua come posta in gioco per le megadighe sul fiume Brahmaputra. Un contenzioso idrico si è sviluppato tra Ucraina e Crimea neorussa. In Cina è scomparsa negli anni la metà dei corsi d’acqua (27.000). In Nigeria è uno scontro permanente tra allevatori musulmani e contadini cristiani. Il 33% delle nostre risorse idriche va perduto nelle tubature e nei paesi sviluppati si verifica uno spreco del 15%. Ben 800 milioni di persone al mondo non hanno accesso all’acqua potabile (due miliardi e mezzo non dispongono di servizi igienici ). L’energia ha sete di acqua per essere prodotta e di qui al 2035 il consumo energetico crescerà del 35 %, con un incremento del consumo idrico pari all’85 %. Oggi il 70 % dell’acqua viene comunque usato in agricoltura.
Questi i dati allarmanti di una situazione che rischia definitivamente di sfuggire al nostro controllo.
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