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Garibalderie

I DANDOLO A VARESE

ROBERTO GERVASINI - 26/06/2014

È  stato un parto travagliato ma la lunga attesa è finita. Si aspettava da tempo,  da anni, quelli impiegati da Ivana Pederzani per mettere insieme 383 pagine di vicende, di storia, di cronache, di infiniti richiami con ricchezza di collegamenti che solo una metodica, seria, puntuale ricerca può dare.

Ciò che Ivana Pederzani riesce a renderci è l’immagine, l’aspetto umano profondo, ben definito, dei personaggi nel percorso storico che parte dai Lumi e dagli studi di Vincenzo nel campo chimico, lui lavoisieriano, per finire ai nipoti, varesini come il padre Tullio, eroi del Risorgimento. Da sempre affascinati dalla figura poliedrica di un uomo di grande statura umana, scientifica e politica,  lo studioso, il benefattore, come il conte Vincenzo Dandolo, avvince la lettura delle vicende della sua vita partendo dalla natia Venezia, ebreo converso, per finire a Varese, all’Annunciata, sua residenza proprio  oggi  in fase di demolizione in Via Medaglie d’Oro, o al palazzetto di Via Morazzone, poi Villa Selene ed oggi Oppliger Bossi; o al Deserto di Cuasso al Monte già convento dei carmelitani scalzi,infine a Varano o a Ternate, dopo le vicende napoleoniche e lo stretto rapporto con Napoleone stesso che lo stimava molto dopo che il Dandolo veneziano lo aveva raggiunto prima di Campoformio tentando di salvare Venezia, commovendo l’imperatore fino alle lacrime con un discorso alto sulla Patria, sulle patrie. Napoleone ammirava Vincenzo Dandolo per il coraggio, l’eloquenza, la nobiltà d’animo, l’amore per la patria e la libertà e per la sua scienza. “Ci sono in Italia 18 milioni di uomini ed io ne trovo due soli: Dandolo e Melzi” pare abbia affermato Napoleone. Illuminista e poi giacobino arrivò a Varese( forse rifugio di giacobini fin dalla prima ora) con un altri veneziani,Giacomo Maria Foscarini in testa,” la veneziana colonia appiè dell’Alpi” e sarà protagonista coi suoi studi e le sue scuole di uno sviluppo importante anche a livello nazionale nel campo agricolo, dalla bachicoltura all’allevamento delle pecore, allo studio delle rotazioni delle coltivazioni.

La figura di Tullio Dandolo, il figlio di Vincenzo, è complessa.  Ricco e coccolato, studiò dai padri barnabiti . Diede vita ad un salotto della cultura romantica a Varese.  “Giacomo Leopardi, arrivato a Varese. non gli fece visita giudicandolo “un signorino”. Era uomo di fede, leggeva Agostino e i Padri della Chiesa, era convinto che il primato culturale trovasse fondamento sulla superiorità morale e civile che l’Italia deteneva per via della presenza del papa  e della Chiesa di Roma. Dei figli Emilio ed Enrico Dandolo, così come del fraterno loro amico Emilio Morosini, varesino e caduto a Roma nel 1849 nella difesa della Repubblica Romana, sappiamo molte vicende anche grazie a Varese per l’Italia 26 maggio 1859 che è riuscita  a far posare una lapide proprio sul colle del Gianicolo, sotto il monumento a Garibaldi ed Anita, coi nomi dei varesini caduti: Francesco Daverio, capo di stato maggiore di Garibaldi, ingegnere di Calcinate, con Enrico Dandolo ed Emilio Morosini,  giovanissimi bersaglieri, fraterni amici in quel di Varese, caduti anche loro nel 1849 con Luciano Manara “ per la sacra causa della Lombardia e dell’Italia”

Belle pagine del tempo che fu quelle scritte su Varese e villa Recalcati con Emilia  Zeltner Morosini protagonista di un salotto che divenne autentico cenacolo culturale che riuniva letterati, artisti e musicisti ed illustri personaggi protagonisti del nostro Risorgimento e tra questi anche Cristina Trivulzio di Belgioioso che tenne a battesimo l’ultima figlia  dei Morosini alla quale venne dato il nome di Cristina.

A Casbeno era ospite Giuseppe Verdi, chiamato da Emilia Zeltner Morosini come maestro di musica delle sue figliole. A Casbeno Verdi, innamorato di Giuseppina Morosini che non lo volle sposare, in una stanza affacciata sul lago, scrisse le prime pagine dei Lombardi alla prima crociata, opera che, come si sa, nel 1843 diede esca alla Scala a manifestazione di incontenibile patriottismo. Alla fine anche un bel accenno ai varesini caduti a Venezia, dopo quelli di Roma, mazziniani della prima ora, come i fratelli Daniele e Carlo Maffei, Giovanni Cova ed Ambrogio Macchi e con loro l’unico sopravvissuto, Luigi Cortelezzi.

Insomma, dal lavoro di Ivana Pederzani esce il quadro di un Risorgimento quale età di profondo rinnovamento e di impegno diverso sempre per un’ Italia nuova, per la quale si poteva anche morire ma si doveva, come Vincenzo Dandolo, vivere ed operare.

 

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