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Apologie Paradossali

UN CITÌ PER LA REPUBBLICA

COSTANTE PORTATADINO - 26/06/2014

Onirio Desti è un vecchio amico. Come Sebastiano. Ci siamo scambiati, per molti anni,  opinioni, sospiri, rimpianti e progetti, soprattutto progetti mai realizzati.  Proprio per questo non l’ho mai chiamato in causa nelle “Apologie”, per non svelare una parte di me, essendo egli metà dell’anima mia. Onirio e Sebastiano potrebbero dirsi amici anche tra loro, per la proprietà transitiva, ma in realtà si parlano pochissimo e con molta difficoltà; non so quando riuscirò a farli dialogare direttamente, senza la mia intermediazione, per RMFonline. Oggi darò voce solo ad Onirio.

“Non mi piacciono per niente le cose a metà, le riforme finte, fatte per accontentare la cosiddetta opinione pubblica. Tra legge elettorale e riforma del Senato verrà fuori un misero pastrocchio, destinato solo a rafforzare il vincitore,  che si illuderà di poter esercitare un vero dominio sul Parlamento, senza aver nemmeno sfiorato la maggioranza dei votanti, figuriamoci se facessimo conto degli astenuti”.

“Sono piccoli aggiustamenti, lo so, ma è già difficile ottenere questo, la democrazia è imperfetta per sua natura”.

“È qui che sbagli: i grandi cambiamenti sono invece più facili di quelli piccoli, se c’è davvero la volontà e la determinazione di qualcuno insieme a una necessità reale, si creano grandi speranze e tutti si muovono; alla fine si prende una direzione e si cammina, invece di fare un passo avanti e uno indietro”.

“So che hai sempre preferito la Cavalcata delle Walkirie al Minuetto di Boccherini, ma non temi che un grande cambiamento possa produrre un grande danno?”

“Più danneggiati di così! Un Paese così Immobile e tempi così Gramellini! Figurati che anchela Nazionaledi calcio sembra andare a ritmo di minuetto. Io poi, non sono un rivoluzionario, ma nemmeno un conservatore da gattopardo. Vorrei solo restaurare l’equilibrio dei poteri nello Stato, per farli funzionare meglio, mentre oggi sembra tutto un gioco strumentale, tanto che spesso si lavora contro gli alleati prima che contro gli avversari. E li capisco pure: è più facile rubacchiare un voto a chi la pensava quasi come te, che convincere un avversario dichiarato; questo lo metti fuori gioco in altro modo, per esempio gettando discredito su tutto il sistema politico e spingendo all’astensione i possibili simpatizzanti dell’avversario. Ma questo è un sistema che funziona per i tifosi del calcio, per il campionato e non perla Nazionaleo perla Champions,  si finisce per saper solo gufare…….”.

“Quale sarebbe il tuo rimedio?”

“Il presidenzialismo, l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, come capo del governo.  Il modello americano, esecutivo forte, abbinato a sussidiarietà e ad un federalismo effettivo, ma non disordinato. Ma per farmi meglio capire, parto da un po’ più lontano.  Non sto a discutere del potere giudiziario, se non per ribadire una cosa, meno nota al grosso pubblico delle inchieste sui politici,  che non sarebbe altro che il loro mestiere. Mi riferisco all’interpretazione delle leggi in modo “creativo”. Quante volte alcune sentenze, non solo della Cassazione, hanno interpretato la legge in modo tanto radicale da cambiarne il senso. Purela Corte Costituzionale, la cui composizione è fortemente condizionata dalla politica,  ha talvolta preso decisioni molto evolutive, che hanno dato un indirizzo politico ben preciso”.

“E questo che cosa significa?”

“Che il Parlamento, il potere legislativo, non riesce a fare il suo mestiere. La sua debolezza è accentuata dal fatto che il governo stesso invade continuamente il suo campo, non solo proponendo le leggi, ma imponendole a viva forza, con decreti-legge e voti di fiducia, spesso necessari per legare le mani ai suoi stessi sostenitori, piuttosto che alle opposizioni, già depotenziate dal sistema maggioritario”.

“Allora è il governo che è troppo forte? Sinceramente non mi pare”.

“Infatti, il Parlamento, che non è capace di svolgere il proprio compito, si vendica cercando di impedire quello del governo, con infiniti artifici, contrasti interni, iniziative populistiche o corporative a sfondo elettorale e tutto quello che il peggiore campionario del parlamentarismo, che tu ben conosci, può offrire. La possibilità di far cadere il governo, in ogni momento, per metterne uno più amico, è deleteria”.

“Invece, un uomo solo al comando riuscirebbe a sfuggire a tutto questo?”

“Se dovesse rendere conto solo agli elettori dopo quattro anni e potesse appellarsi ai risultati, senza aver dovuto cedere a troppi compromessi di bassa lega, penso di sì”.

“Quattro anni, l’intervallo di un’Olimpiade o di un Mondiale. Una specie di Commissario Tecnico della Nazionale – mi scappa da ridere, mentre accendo il televisore alle 17.50 di martedì, ora di Comerio – tra poco vediamo se funziona”.

Il primo tempo è più lento di un minuetto,  un ritmo che i lavori del Parlamento sembrerebbero frenetici.  Ma a noi va bene così. “Per adesso”. Sogghigno.  Nel secondo tempo non compare Balotelli. Rotto? Escluso? Lite negli spogliatoi? Lo sostituisce un centrocampista.  Paura?

“Noi italiani non vogliamo vincere, ci accontentiamo del pareggio, calcoliamo, speculiamo, Prandelli si è adeguato, ha paura, forse delle critiche, forse dell’arbitro”. Biascica Onirio a denti stretti.

Patatrac, espulsione di Marchisio.  “In dieci si gioca meglio, – insiste Onirio – lo diceva Liedholm, ora loro devono scoprirsi”.

Patatrac numero 2, gol dell’Uruguay. Scende il silenzio, domani è un altro giorno, oggi la realtà è questa. Rientriamo nella normalità. Come riderebbe il Conformi.

“Sarà per la prossima volta, ogni dodici anni arriviamo in finale, –  Onirio snocciola date – ’70, ’82, ’94, 2006, sarà per il2018”.

“Già. Ma vinciamo solo ogni ventiquattro,  nel 2030, chissà… ci sarà un governo, un CT, una Nazionale, un’Europa? E noi? Sogna, Onirio, sogna!”

“Chi non segna, sogna!”

 

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