Abbiamo un nuovo Mago Silvan: è l’assessore Mantovani, custode della sanità lombarda, che con un numero di alta scuola ha saputo risolvere gli arcinoti problemi del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Circolo. Leggendo sui media il suo bollettino della vittoria sembrava che tutto fosse risolto: magicamente, dopo una serie di travasi, compressioni, riduzioni, trasferimenti; insomma l’ospedale e il Pronto Soccorso, dal punto di vista alberghiero, quasi non avevano nulla da invidiare ai resort brasiliani che in questi giorni accolgono e coccolano i lavoratori del pallone.
A guastare il bel paniere, confezionato da Silvan Mantovani per i piagnucolosi pupi-elettori di Varese, ci ha pensato Alessandra Toni di Varesenews che, senza alzare i toni, ha contraddetto alcune affermazioni che non corrispondevano alle attese di chi in ospedale ci lavora e anche della comunità che alla struttura chiede da tempo adeguata efficienza.
Insomma poco è cambiato al “Circolo”, ospedale finito nel tritacarne del centralismo regionale dopo aver conosciuto tempi migliori.
La memoria è importante per capire dove ci ha portati la politica. L’ Italia solo negli Anni 50 si diede un autonomo governo della sanità pubblica, il ministero e quindi la politica in una prima fase continuarono a valorizzare gli apporti che venivano dal basso, dalle istituzioni locali e dai privati che nella tutela della salute vedevano un bene comune di primaria importanza. I privati infatti collaborarono allo sviluppo di assistenza e cultura sanitarie se addirittura, come accadde a Varese, non ne furono alfieri.
In una seconda fase, dopo il trasferimento dei poteri alle Regioni, a guidare le istituzioni sanitarie locali si videro ancora dirigenti espressione della comunità, ma che cominciavano a rappresentare la politica. Ricordo Trombetta, Morandi, Nidoli, targati DC, PCI e PSDI, degni di rispetto, anzi di affetto, per quanto hanno fatto per la città. E con loro l’indimenticabile avvocato Valcavi.
Il disastro arrivò con la assoluta autonomia delle regioni, che forse volevano insegnare a tutti “come si fa”.
È stato un delirio di una potenza costruita e imposta sicuramente con lo strumento democratico della maggioranza, ma in modo acritico rispetto a errori e orrori commessi dal centralismo dei governi romani.
Varese nella sanità ha pagato la romanizzazione di Milano, dove in Regione è stata perseguita una cultura imperiale, il cui conto è stato regolarmente presentato alle periferie.
Quando la Regione ha cominciato a gestire i nostri ospedali per il tramite dei suoi proconsoli, siamo finiti sott’acqua e non siamo ancora riemersi. Drammatica la situazione di Varese dove tra l’altro anche l’Università per anni non ha avuto piena collaborazione.
Drammatica perché ci vorrebbe il coraggio della chiarezza, della verità e la certezza della luce alla fine del tunnel. Si studia la riforma del nostro sistema ospedaliero, speriamo non sia l’occasione per continuare a non sciogliere nodi urgenti. Che certamente si ripresenteranno perché per legge non si può curare la malattia.
A Milano la maggioranza in materia di sanità fa e sfascia, ma la minoranza dove è? Se l’elettorato varesino dovesse rinunciare agli sguardi da pio bove che riserva alla fatica del voto, quale alternativa gli si offrirebbe? Milano dorme, forse la sveglia oggi potrebbe arrivare da Roma. O forse, considerati i risultati di una mobilitazione mai vista per un parcheggio da 91 posti auto, sarebbe il caso di spiegare bene ai cittadini che se al “Circolo” ci fossero 100 posti letto in più, si sarebbe almeno più vicini ai 750 sbandierati quando arrivò il finanziamento per il nuovo ospedale. Da subito per molti cittadini diminuirebbero disagi e tempi d’attesa. In Pronto Soccorso e per i ricoveri nei reparti. E faremmo a meno dei giochi di prestigio con sottofondo di belle favole.
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