Don Pino e la sua Varese: un connubio forte e solido, sia per gli oltre trent’anni trascorsi, vissuti e profondamente amati come parroco di Biumo Inferiore, sia per il ruolo di Decano cittadino. Una mente agile la sua, attenta, sempre “sul pezzo” rispetto a tutto quello che accadeva in città come nel mondo. Un cuore battagliero, che non si tirava mai indietro e sapeva fare comunità attorno a sé. Una fede che dal pulpito della chiesa biumensina ti pareva spesso scomodo perché ti rimandava a casa con tanti dubbi e il senso profondo del dovere in qualche modo essere diversa e migliore. E quell’abbraccio spontaneo e tenace con cui accoglieva tutti, dovunque ti incontrasse: ci sono e ti trasmetto un po’ della mia forza, pareva dire.
Ce ne siamo fatte di belle chiacchierate sulla dimensione civica, culturale, sociale della nostra città e il punto di vista del don era puntuale, andava diritto al cuore del problema o della proposta. Niente mezzi termini, niente tentennamenti, niente compromessi: la fede, la giustizia, la carità non fanno né chiedono sconti, mi aveva detto in diverse occasioni perché mi restasse nel cuore questo sacrosanto principio.
Ricordo anche un bellissimo dibattito prelettorale, svoltosi tre anni fa in occasione delle amministrative proprio all’oratorio di Biumo: un dialogo tra la sottoscritta, cattolica del PD, e un collega attualmente consigliere della maggioranza nel NCD. Credo condivida Mauro, col quale mi sono confrontata in quella occasione, se ammetto che le domande capaci di spiazzare e che ci hanno obbligato ad entrare nel vivo delle questioni le aveva fatte proprio lui, un don Pino amico di entrambi e capace, anche in quella situazione, di riportarci ai valori grandi della vita più che a qualsiasi riferimento di partito o schieramento politico.
La memoria mi rimanda poi al rapporto schietto ed amichevole di don Pino con mio papà, che si sentiva figlio di tre parrocchie: Valle Olona dove era cresciuto, San Fermo dove abitava e Biumo appunto dove viveva la maggior parte della sua vita, avendo tenuto aperto per quarant’anni uno studio fotografico, dove don Felice prima e don Pino poi entravano, passandoci, pressoché quotidianamente almeno per un saluto. Don Pino arrivava in sella alla bici e bastava magari quel familiare “ciao Gino” per raccontare un’amicizia che non aveva bisogno di troppi convenevoli. Quando il mio papà è scomparso don Pino è arrivato subito a casa a benedirlo e poi, presami da parte, mi ha detto: Guarda che ti curo. Tu devi volere bene a questa città come gliene ha voluto tuo padre. E spesso me lo ha ripetuto negli anni successivi.
Mi sono confrontata con lui anche per questioni personali e quindi posso dire che sapeva davvero molto di me, della fatica con cui avevo accolto scelte che anni fa la vita mi ha messo dinanzi, fino a decisioni anche spicce che, con molta franchezza, don Pino valutava senza tacermene ragioni e pareri.
Varese, Biumo in particolare, hanno ricevuto molto da lui perché don Pino ha amato la nostra città, il suo splendido rione e la sua gente, quella storicamente legata al quartiere e quella arrivata nel tempo o quella più in difficoltà e che nella sua casa e nella sua parrocchia ha trovato sempre le porte spalancate. La commozione del distacco è forte perché credo siano vicinissime alla memoria non solo la sua spontaneità e la sua intelligenza del cuore, ma anche la ammirevole caparbietà, dopo una pesante malattia, nel riprendere passo dopo passo il suo ruolo sull’altare alla messa domenicale, guidato, accompagnato, silenzioso ma presente. Questa tenacia è sempre stata il suo tratto distintivo, in ogni circostanza e nella vita di chi lo ha, per strade differenti, incontrato. Ed è stata la mano salda che ha saputo guidare e accompagnare.
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