È evidente lo stato di imbarazzo che si respirava nel Salone Estense durante la seduta del Consiglio comunale del 17 giugno dove si discuteva la mozione presentata da gran parte delle opposizioni per indire un referendum popolare (poi respinto da Lega, NCD, Forza Italia e UDC) sulla controversa costruzione del parcheggio alla Prima Cappella.
Imbarazzo che dimostra debolezza, se non vergogna personale, per quello che si andava a compiere.
Imbarazzo nella maggioranza, anzitutto per le assenze ingiustificate nelle loro fila, oramai la norma: all’interno di Lega e Forza Italia ci si contrappone, eccome, tuttavia non certo per il bene della città e dei varesini, ma per questioni di spartizione di potere ed interessi interni e di “cadreghe”. Insomma,nonostante gli evidenti segnali che gli elettori danno, il Palazzo continua imperterrito nelle sue vecchie abitudini e costumi.
Questa maggioranza non esiste più; stanno assieme perché lo devono; non perché lo vogliono. Non hanno nemmeno il coraggio di uscire allo scoperto; fingono di compattarsi su problemi che invece dovrebbero dividerli, come appunto la costruzione di questo parcheggio. Trovano coesione solo lì,buttando a mare il bene della città e l’ambiente.
Imbarazzo negli interventi dei consiglieri contrari al referendum perché, dai diversi distinguo espressi, traspare una scarsa convinzione nel supportare fino in fondo il bunker; molti di loro hanno difficoltà a giustificare senza se e senza ma l’opera. Quasi che l’assunzione di una piena paternità e l’incondizionato appoggio possa un giorno rivelarsi un tremendo boomerang.
Si sa, molti politici sono maestri nel dire e nel non dire, nel circondarsi di ambiguità e di frasi fatte.
E così il parcheggio è presentato come il male minore, come la prima opera di altre “caverne” che andranno, all’interno di un piano grandioso (sulla carta), a cementificare la nostra montagna sacra.
E tutti sappiamo – anche loro – che in realtà questo parcheggio alla I Cappella – quello più invasivo, quello più pericoloso – sarà l’unico che si realizzerà – se mai si sarà in grado di concluderlo.
Imbarazzo da parte delle massime cariche comunali: non una parola da parte del Sindaco, che pure poi ha votato, né dall’assessore competente, il vice sindaco Baroni. Silenzio assoluto e capo chino quasi a voler dire “io c’entro fino a un certo punto!” ; dimenticando che i veri generali sono sempre e comunque in prima fila e non lasciano alle truppe il lavoro nell’attesa magari un domani di avere un appiglio per giustificarsi e tirarsene fuori. Ma come è possibile che non abbiano sentito al necessità di intervenire, di sostenere sino in fondo le loro convinzioni, se davvero ne erano così tanto convinti? Calcolo politico, paure, ignavia, arroganza … ormai in questo Consiglio Comunale ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori.
In questo parcheggio non ci credono più nemmeno i fautori dell’accordo di programma, perché l’ accordo di programma è un fantasma e non c’è più; di tutto il disegno è rimasto solo un’opera inutile, costosa e contraddittoria, a forti rischi tecnici di realizzazione.
Hanno perfino nella serata del consiglio buttato a mare l’ultima ed unica possibilità che gli veniva offerta di uscire dalla faccenda, salvandosi la faccia: e cioè indire un referendum, seppur consultivo.
Un referendum, sì appoggiato dalle minoranze, ma di fatto richiesto dai cittadini. E alle richieste dei cittadini non può essere risposto, come è stato fatto, siete in ritardo. Non può essere risposto a 6000 firme – un’enormità – che è illegittimo perché consultivo e le decisioni sono già state prese. Non può essere risposto che costa 65.000 euro e non possiamo permettercelo, quando il parcheggio costerà oltre tre milioni di euro e per la semplice progettazione ne avevano destinati oltre duecentomila euro, tra l’altro distogliendoli dalla voce “manutenzione strade marciapiedi”.
Il referendum sarebbe stato per la maggioranza la possibilità, dato che sono così convinti della bontà del loro operato, di spiegare e di ottenere il consenso richiesto e procedere poi in tranquillità nello scavo.
E invece no assoluto, arrampicandosi sui vetri. I reali motivi del diniego sono lampanti: il sindaco sa che se avesse accettato il referendum sarebbe stato come firmare la condanna anticipata per la sua amministrazione, deficitaria sotto tutti gli aspetti. Perché con il referendum i varesini avrebbero di fatto sfiduciato lui e la sua Giunta che anzitempo avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni.
Matteo Salvini, Segretario federale della Lega Nord ha in più occasioni affermato: “Il referendum è una battaglia di libertà per cui io sono SEMPRE favorevole a dare la voce ai cittadini. Il referendum merita la più totale considerazione e, per coerenza, anche quando per taluni potrebbe essere scomodo. A tal proposito dovremmo prendere esempio dai vicini svizzeri ….”.
Ecco perché il pubblico ha sventolato in Consiglio comunale le bandiere svizzere a ricordare ai signori del Palazzo, alle coscienze dei Consiglieri, che si appiattiscono sui diktat bulgari, che i cittadini sono sovrani e quando si impedisce loro di esprimersi nei termini civili di un referendum è un errore per tutti.
E allora che ci stiano lì incollati alle loro sedie, assediati, ormai in un Palazzo che non ha più consensi, incapaci di prendere decisioni e realizzare qualcosa, a giocare con i loro equilibri e a mediare i poteri di correnti e controcorrenti, a rovinare e devastare il territorio; loro che si sono autoproclamati “difensori del territorio e delle tradizioni”. Hanno perso un’occasione d’oro per uscire da un’opera che sanno benissimo essere un errore senza senso.
Abbiamo e faremo ancora di tutto per fermarli; #Varese2.0 ha molto più a cuore – come ha ben sottolineato la consigliera Luisa Oprandi – il bene della città di quanto hanno dimostrato, con il loro comportamento e le loro argomentazioni, molte delle persone che sedevano in Consiglio Comunale.
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