Nel Nuovo Testamento non si trova la distinzione tra laici e presbiteri all’interno della Chiesa, che viene usata al nostro tempo. Gesù parla solo di discepoli e la loro caratteristica sta nella sua parola: “da questo conosceranno che siete miei discepoli: dall’amore che avrete gli uni per gli altri” (Gv.13,15). La prima lettera di Pietro dice dei discepoli: “voi siete stirpe eletta,sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui” (1 Pietro 2,9). Quindi tutti facciamo parte del popolo di Dio, che è popolo sacerdotale. Nel Nuovo Testamento non esistono più i sacerdoti, l’unico sacerdote è Gesù. “Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti (antica Alleanza) di offrire sacrifici ogni giorno… lo ha fatto una volta per tutte offrendo se stesso” (Ebrei 7,28).
Nelle prime comunità cristiane erano presenti questi ministeri: Vescovi, Presbiteri, Diaconi. La loro connotazione era chiara: persone a servizio della comunità. Gli Apostoli riservavano a se stessi il ministero della Parola e ai Diaconi il servizio della carità (Atti 6,3-4). I Presbiteri erano scelti come collaboratori dei Vescovi. Gli Apostoli sapevano bene che cosa significasse essere ministri. Lo aveva insegnato Gesù stesso nell’ultima cena con la lavanda dei piedi e con le parole: “vi ho dato un esempio, perché facciate anche voi come io ho fatto con voi” (Gv.13,15).
Questa icona evangelica deve ispirare ancora oggi la vita delle nostre comunità e dei suoi ministri; eliminando di conseguenza quelle incrostazioni mondane accumulatesi nei secoli sul volto della Chiesa. Un esempio splendido lo troviamo nel famoso “Patto delle catacombe” firmato da una quarantina di Padri conciliari alla fine del Concilio Vaticano II (1965) e in seguito da altri ancora. Essi si impegnavano a vivere in povertà, a rinunciare a tutti i simboli e ai privilegi del potere e a mettere i poveri al centro del loro ministero pastorale. Questo documento delinea un nuovo stile di vita: una Chiesa povera e serva. Oggi in continuità con questa ispirazione si sta muovendo Papa Francesco, con le sue scelte di vita e i suoi insegnamenti (leggi: Evangelii gaudium). Ai ministri di oggi il Papa dà inoltre precise indicazioni per vivere la missionarietà: stare in mezzo alla gente (puzzare di pecore) e andare in periferia, dove vivono i lontani, i poveri, gli emarginati.
Un ministero oggi fondamentale nella Chiesa a cui i presbiteri devono dedicarsi è quello della Parola di Dio. È un vero e proprio scandalo che la Bibbia tra i cattolici non sia conosciuta, o poco, e in particolare il Vangelo non sia il libro della meditazione quotidiana e della preghiera. Il Concilio Vaticano II con un documento prezioso “Dei verbum” ha rimesso nelle mani dei cattolici la Bibbia. Vari Sinodi dei Vescovi hanno ribadito questa necessità.
Nella Diocesi di Milano abbiamo avuto per ventidue anni il magistero illuminato del cardinal Martini, che ha impostato tutta la sua pastorale sulla Parola di Dio. Oggi certamente uno dei servizi più preziosi dei presbiteri sta proprio nel “predicare il Vangelo”, non limitandosi alla omelia, ma attraverso lo strumento sapiente della “lectio divina”, ascoltando e pregando la Parola nei gruppi, anche piccoli, con frequenza e costanza. Il cardinal Martini lo ha spesso raccomandato e insegnato. Per le persone che praticano questa esperienza, credenti e anche non credenti, è una scoperta sorprendente, è una immersione che illumina, è “la gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (Evangelii gaudium 1).
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