La crisi è stata pesante, ha messo a dura prova la struttura produttiva, ha costretto molti imprenditori a gettare la spugna o comunque a ridimensionare la loro attività. Ma c’é qualcosa di più di una speranza di ripresa; c’é la volontà di trovare nuove strade, di sfruttare fino in fondo l’innovazione tecnologica, di raccogliere la sfida di un mondo sempre più globale e competitivo. É questo il messaggio che il presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese, Giovanni Brugnoli, ha lanciato martedì 3 giugno all’assemblea annuale. Un messaggio che é stato insieme un richiamo e un invito: un richiamo a sfruttare ogni opportunità, anche con il supporto della stessa associazione e delle realtà collegate come l’Università di Castellanza, e un invito a tutte le componenti della società a fare la loro parte per mettere a frutto esperienze, valori e coraggio.
Il titolo dato all’assemblea, “Traiettorie”, ha dato fin dall’inizio un significato denso di contenuti ad un incontro che è andato oltre le classiche liturgie assembleari. Sia perché il presidente, in modo sicuramente irrituale, ha voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe denunciando gli ostacoli che, nonostante le parole, continuano a frenare la dinamica economica; sia perché nel dibattito che ha seguito la relazione sia il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, sia e in maniera ancora più provocatoria, l’economista Giulio Sapelli, hanno sottolineato come la logica dell’impresa sia una delle caratteristiche fondamentali della stessa civiltà italiana.
E fin dall’inizio il presidente Brugnoli ha ricordato come in modo quasi profetico gli imprenditori abbiano insistito negli ultimi anni sulla dimensione manifatturiera, squisitamente industriale, come motore dello sviluppo economico. E questo anche in anni in cui, anche prima della crisi del 2009, era di moda parlare di “postindustriale”, di società di servizi, di ineluttabile delocalizzazione delle fabbriche. Tanto che lo stesso presidente americano Barack Obama ha lanciato nei mesi scorsi un programma di ripresa economica che lui stesso ha battezzato “Rinascimento industriale”.
Varese non ha solo una grande tradizionale industriale, ha un presente e soprattutto un futuro in cui l’industria sarà al centro di una ritrovata crescita economica. E come a voler parlare con i fatti all’ingresso del grande salone di Malpensafiere l’innovazione si poteva toccare con mano con la stampanti a tre dimensioni, con i dispositivi di gestione numerica, con le immagine di fabbriche simili a laboratori spaziali.
Perché, ha insistito il presidente, innovazione non è solo nei più sofisticati telefonini, anzi smartphone, ma c’è un modo sempre nuovo e migliore di pensare, produrre e vendere i prodotti tradizionali del tessile, della plastica, della meccanica: tutti settori in cui Varese è molto ben rappresentata.
Ma è ora più che mai necessario avere un ambiente che faciliti e non ostacoli, uno scenario anche giuridico e amministrativo che sia favorevole all’impresa, una politica fiscale e del lavoro che permetta di moltiplicare le opportunità. E quindi una traiettoria per tutti: per l’Europa, per l’Italia, per la politica, per il sindacato, per la scuola, per i giovani. In uno dei tanti passaggi significativi della relazione Brugnoli ha ricordato senza retorica che “il futuro è veramente nelle mani di quelli che chiamiamo “nativi digitali”, che hanno respirato fin dalla nascita i nuovi paradigmi tecnologici e li sanno usare con una sorprendente abilità, applicandoli, questa è la sfida del domani, alle produzioni manifatturiere. In questo come Unione crediamo e ci siamo impegnati sviluppando, ormai da anni, azioni ponte tra le imprese e la scuola.”
In questa direzione va il laboratorio di fabbricazione digitale dell’Università di Castellanza così come le iniziative che si stanno realizzando per favorire la creazione di nuove imprese (le famose start up) da parte dei giovani. E alla base di tutto c’è la convinzione che il futuro è quello che noi riusciremo a costruire. Ognuno al proprio posto. Se è vero che è cambiato lo scenario è altrettanto vero che se al centro rimane la fiducia nella persona allora anche la più complessa delle crisi può essere superata.
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