L’altro giorno mia cugina Laura ha scritto alla consigliera leghista di Castelfranco Veneto Barbara Beggi per esprimere direttamente totale indignazione per quanto espresso e diffuso pubblicamente dalla esponente politica padana, che si è concessa il lusso di definire su Facebook l’ex ministro Cécile Kyenge ed ora neoeletta al parlamento europeo “un cesso” e la presidente della Camera Laura Boldrini “una mongoloide”, senza risparmiare il primo ministro Matteo Renzi al quale la leghista veneta augura “un bel cagotto per due o tre anni”
Mia cugina ha scritto alla Beggi perché in modo particolare ha ritenuto inaccettabile che lo spregio passasse anche attraverso l’utilizzo dell’aggettivo “mongoloide” in termini offensivi e di chiaro riferimento alla limitazione intellettiva di chi è portatore di trisonomia 21.
Laura ha un figlio diciottenne affetto da sindrome di down che non ha esitato a definire, scrivendo alla consigliera leghista, sveglio, attivo e simpatico, come sanno esserlo appunto coloro che sono affetti da questa patologia. La risposta è arrivata subito colorata dal solito rosario di scuse e di “non volevo dire” eccetera.
Fatto sta che, ancora una volta, la politica leghista si esprime attraverso riferimenti villani a donne che fanno politica e a chi non veste camicia verde, corna primitive sul capo e non utilizza un grasso linguaggio volgarotto. Questa volta, facendo ricorso alla ignoranza del volgo, la noblesse padana è andata a scomodare anche ragazze e ragazzi affetti dalla nascita da una patologia irrimediabile, offendendo la loro dignità e la vita quotidiana delle loro famiglie.
Direi che, come minimo, la consigliera padana dovrebbe assumersi pubblicamente il compito di fare uno stage di volontariato di un annetto presso una struttura per ragazzi disabili, condividendone le sperane e le fatiche, affiancando le loro famiglie e accompagnando il serio lavoro die educatori e formatori.
Anzi, a tale proposito ho scritto al presidente del Consiglio, proponendo di adottare criteri e rimedi come quelli previsti nella scuola, dove è contemplata la funzione formativa della punizione, affinché un danno o un torto provocati ad altri posano diventare occasione e opportunità di recupero sociale, individuale e culturale.
Quindi che sia previsto un periodo di “recupero” in qualche struttura ogni volta che un esponente politico, a qualsiasi livello, offenda la dignità delle persone con riferimento alla razza, alla religione, alla salute, all’orientamento sessuale o alla appartenenza sociale e culturale.
Luisa Oprandi
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