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Opinioni

PD E LEGA: COME SONO CAMBIATI

GIUSEPPE ADAMOLI - 30/05/2014

Le due forze politiche che nel fuoco del confronto degli ultimi mesi hanno cambiato i tratti della loro identità sono il PD e la Lega. Forza Italia e M5S sono rimasti al palo, fermi, quasi pietrificati. In un contesto di volubilità politica questa incapacità di cambiare li ha castigati. Grillo ha aumentato la cifra degli insulti senza senso manifestando un’allarmante pochezza culturale. Non ha fatto una proposta decente e non è riuscito (forse non ci ha nemmeno provato) a radicarsi sul territorio come dimostra il totale fallimento nelle due Regioni e nei Comuni dove si è votato. Il suo bacino elettorale sarà terra di conquista per chi sarà capace di sposare la necessaria discontinuità con la capacità di riforma politica e istituzionale.

Forza Italia è l’altro partito immobile. È più che mai Silvio Berlusconi, patetico per la sua condizione di condannato ai servizi sociali. Patetico anche per le solite litanie contro la sinistra delle tasse e (incredibilmente) ancora dei comunisti senza tener conto che il suo avversario era un Renzi che “restituiva” 80 euro di tasse a 10 milioni di cittadini, che abbassava l’Irap del 10%, che aveva messo in disparte molti leader del passato.

La Lega di Salvini ha cambiato invece, e di molto, la propria identità. È diventata una forza ideologica distante dal partito “né di destra né di sinistra” rivendicato con orgoglio alcuni anni fa. L’abbraccio con Marine Le Pen la consegna mani e piedi alla Destra europea. La battaglia “no euro” la confina in un’area di protesta estrema e sterile.

La perdita del Piemonte rende improponibile il progetto del grande Nord. Maroni è chiaramente all’angolo. Sarà ben difficile che questa Lega possa far parte del nuovo centrodestra che per tentare di vincere dovrà avvalersi anche delle truppe “moderate” di Alfano. Per salvare un consenso elettorale che le consentisse di superare la soglia del 4% si è infilata nel buco dell’euroscetticismo che potrebbe relegarla all’isolamento.

Una forte trasformazione l’ha ovviamente conosciuta il PD a partire dalle primarie del novembre scorso. Ho in testa un’immagine che documenta questa metamorfosi. Lo sconcerto negli occhi di molti “compagni” dopo la grande manifestazione di Grillo in piazza San Giovanni a Roma. “Ma come, loro nella nostra piazza a gridare il nome di Berlinguer e noi dietro alle slide di Renzi che non appena può se la prende con la Cgil, che ha rottamato i nostri uomini e vuole rottamare i nostri simboli?”.

Eh sì. È anche questo il partito che sta per essere studiato dai socialisti europei in grave difficoltà, che ha preso il 41% dei voti conquistando elettori che non avevano mai votato a sinistra, che potrà realizzare la ”vocazione maggioritaria” sognata da Veltroni.

Il compito di Renzi non è solo difficile, è immane. I fuochi d’artificio servono in campagna elettorale, poi bisogna mantenere gli impegni del cambiamento. Non solo in Italia ma anche in Europa. Le due sfide sono strettamente congiunte. Non si riducono le disuguaglianze in Italia se non si procede anche in Europa sulla via dello sviluppo, della crescita, del lavoro.
Non credo che sia giusto dire che il PD è un “partito di centro che guarda a sinistra” come alcuni politologi azzardano. Più verosimilmente è il “centro della sinistra”.

Al di là delle definizioni che piacciono tanto agli addetti ai lavori, per confermarsi al 40% il PD dovrà tenere insieme idealità di giustizia sociale e pragmatismo di governo. Soprattutto dovrà dimostrasi capace di risolvere i problemi degli italiani.

L’ identità vincente si afferma solo in questo modo.

 

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