Caro Matteo, in questa notte la luna piena che risplende, ci mette la faccia, rotonda come la tua, che sei venuto a Milano per dire che con l’Expo si va avanti, incurante di chi ti urla contro come lupo mannaro, che abbaia alla luna, ma non per questo è in grado di oscurarla.
Domani mattina, andando presto al lavoro, alla radio sentirò tue notizie, e farò il tifo per te, che puoi ancora vincere, visto che la mia squadra del cuore continua a perdere; ma è più importante che vinca tu e con te tutti coloro che desiderano costruire un futuro per la nostra povera Italia e per l’Europa, tra i quali mi ci metto umilmente anche io.
Matteo, ammiro la tua baldanza e spero che tu abbia anche la necessaria resistenza. So che non ti lasci intimidire da stantii rituali sindacali né da nuove orde di barbari; ti aiuta certo il fatto di essere nato in una città che dispensa ai propri figli l’arguzia con il latte materno e le idee ti vengono a grappoli, come uva matura, così ti accusano di essere un ciarlatano, ma non è vero, sei solo intelligente, anche perché, come diceva il tuo autore preferito, Gilbert Keith Chesterton, “nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino ad un astemio”.
Ma la cosa che più mi tranquillizza, caro Matteo, è che vai a messa alla domenica, così ti puoi ricordare del fatto che, al di sopra del potere che tu eserciti, e non ti invidio, e di quello che altri ti vorrebbero sottrarre, c’è un potere più grande, l’amore che crea e la misericordia che ricrea. Se ti ricordi di questo non sarai schiavo del potere e non arretrerai di fronte alla minaccia dei violenti, perché, tu lo sai, “sono i miti che possederanno la terra”.
Buon lavoro, presidente!
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