Parlare di “conciliazione dei tempi e degli spazi della città” significa desiderare una vita urbana e sociale a misura di tutti. È indice di un’attenzione che le Amministrazioni possono mettere in atto per favorire tra cittadini e servizi delle relazioni sostenibili, inclusive e aperte alle diverse esigenze. La città è infatti per propria natura il luogo della vita assieme, quello che dovrebbe trasmettere un senso di familiarità e facilità di accesso per chi vi abita, vi giunge come turista o come nuovo residente.
Conciliare è mettere d’accordo responsabilità familiari e professionali per migliorare la qualità della vita, armonizzando i bisogni del singolo con le opportunità di servizi offerti dalla Amministrazione, dalle istituzioni e dai servizi di pubblica utilità. Nello specifico, vuole dire fare concordare, attraverso azioni di flessibilità, tempi e modelli di organizzazione del lavoro, di quello dedicato alla cura dei figli, degli anziani o dei familiari in stato di necessità, della vita sociale e di relazione, degli spazi e dei servizi, il tempo dello studio e quello dedicato ai propri interessi culturali, associativi, sportivi, definibile sinteticamente come il tempo per sé.
Conciliare significa assumere la cultura aperta che ritiene tutti questi fattori importanti nella vita sociale e cittadina, pur nel rispetto delle priorità determinate dai valori che ciascuno attribuisce alla propria vita personale e collettiva. La qualità della vita è data ad esempio dalla capacità di fare coesistere in modo armonico il tempo per accompagnare i figli a scuola ed arrivare in tempo sul luogo di lavoro, il tempo per assistere i genitori anziani e quello per fare la spesa, il tempo per partecipare a attività di interesse e di relazione sociale e quello per avere cura della propria persona.
È possibile pertanto in un contesto cittadino mettere in atto una serie di strategie finalizzate a coordinare gli orari dei servizi presenti sul territorio. Per le donne, ad esempio, la rigidità degli orari è una delle principali cause di abbandono o di non ingresso nel mercato del lavoro. Così come per le persone anziane o per i giovani la conciliazione dei tempi sarebbe garanzia di maggiori opportunità di realizzazione. Di sé. Per i cittadini provenienti da altri Paesi rappresenta uno strumento civico di inclusione e familiarizzazione con il territorio.
Il dibattito sulla conciliazione, nato all’interno del Consiglio d’Europa, è stato recepito nel nostro Paese dalla legge 142 del 90 ed in seguito dalla legge 53 del 2000 e dalla successiva legge regionale 28 del 2004: i Comuni sopra i trenta mila abitanti sono chiamati a predisporre, in forma singola o associata, un Piano Territoriale degli Orari, attraverso la consultazione con le amministrazioni pubbliche, le parti sociali, le istituzioni cittadine, le associazioni, adeguando l’azione dei singoli assessorati alle scelte in esso contenute.
Obiettivo è quello di rendere la città il più possibile ospitale per chi la abita stabilmente o temporaneamente, facendo in modo che i diversi tempi nella vita personale e professionale di uomini e donne possano coesistere senza produrre troppi svantaggi.
Di qui la proposta all’Amministrazione
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