Macché Renzi, è Berlusca l’uomo del cambiamento. La mattina dice una cosa, il pomeriggio dice il contrario, la sera il contrario del contrario. Una valanga di parole, una caterva di promesse, tv e radio ne rigurgitano. Eccone un florilegio: “Basta con l’euro, è una moneta straniera, l’idea di uscire dall’euro mi pare avventurosa, sì alle riforme ma se passano così le elezioni le vince Renzi, per noi il 21 per cento sarebbe un successo, supereremo il 25 per cento, non siamo disponibili a un nuovo governo di larghe intese, se serve al Paese siamo disponibili a un nuovo governo di larghe intese, Renzi è un problema, fa le cose che volevamo fare noi, è un pericolo per il Paese, mia figlia Marina sarebbe un leader perfetto, ci vorrebbe un leader nuovo ma per ora non c’è, dovrebbe essere scelto con le primarie, tirerei io la volata a Marina, saremmo due caterpillar, li asfalteremmo tutti”. E via di questo spasso.
E intanto Grillo…
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Maggio 1860, la spedizione dei Mille. Centocinquantaquattro anni dopo, sul cattivo esempio dell’odiato capo delle Camicie Rosse, Matteo Salvini, leader delle Mutande Verdi, è partito in direzione dell’odiato Sud. Obiettivo: la conquista dell’Italia meridionale al grido di “Basta Euro!”. Ma a Napoli è stato respinto al grido di “Non è Genny ‘a carogna’, ‘a carogna’ sei tu!”. Vista la malaparata, è risalito in auto e si è velocemente dileguato. Idem a Taranto. Si prevedono repliche in Sicilia.
Intanto, con una manovra a sorpresa, è approdato nella Capitale, il voluminoso nazicelta Borghezio, quello del “Roma ladrona, la Lega non perdona!”. Ha sempre la stessa camicia, ma ha cambiato slogan, ne ha coniato uno nuovo di zecca: “Europa ladrona, Roma non perdona!”. Dall’alto dei sette colli spera di adocchiare Bruxelles. Col binocolo, naturalmente.
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