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Cara Varese

L’OPERAIO CHE COSTRUÌ UN IMPERO

PIERFAUSTO VEDANI - 09/05/2014

Il sindaco di Varese Lino Oldrini con Giovanni Borghi

Dopo quella di Adriano Olivetti, lunedì e martedì prossimi Rai 1 presenterà la storia di un altro grande italiano, Giovanni Borghi, l’operaio che costruì un impero diventando anche uno dei leader del boom economico di un Paese azzerato dalla guerra mondiale.

Giovanni Borghi, milanese dell’Isola, aveva cominciato a faticare “sotto padrone”, in seguito lavorò con la sua grande famiglia, gente modesta, operosa e capace di farsi una bottega di proprietà. I Borghi sarebbe sfollati a Comerio dopo che avevano perso tutto in un bombardamento.

E a Comerio per genio, volontà, capacità imprenditoriale Giovanni avrebbe scalato le cime del settore del “ bianco”, quello degli elettrodomestici. Genio, termine calzante per definire un formidabile anticipatore e innovatore e la cui cultura industriale ha resistito al trascorrere del tempo, alle varie rivoluzioni industriali se olandesi e americani non hanno modificato modelli di logistica e strutture di produzione realizzati nel nostro territorio decenni or sono da Mister Ignis. Così lo ha chiamato Gianni Spartà in un libro di grande successo, edito da Mondadori, dal quale prende spunto la fiction sugli schermi televisivi lunedì e martedì sera. È il racconto della scalata alle vette del lavoro italiano di un giovane che riparava fornelli, suonava il piano per accompagnare la proiezione di film muti, aveva grande intuito, risolveva passaggi di conversazioni, più o meno animate o non facili, ricorrendo alla magia del dialetto. La fiction non ripropone fisicamente e nelle battute o negli atteggiamenti il Giovanni Borghi notissimo ai varesini. In passato il personaggio in alcune occasioni è stato travisato in modo becero, riducendolo a una macchietta, non comprendendo cioè che l’intelligenza e la generosità dell’uomo stavano strette in quel corpo robusto nel quale poi una voce dal tono flebile avrebbe avuto sì effetti disastrosi.

Accettando la visione di un “Giuanun”, l’attore Flaherty, snello e magari pure dall’italiano forbito, i varesini meno giovani recupereranno meglio la sua dimensione di vera avanguardia anche come patron sportivo, il suo primato cioè, durato anni, nella comunicazione e nella sponsorizzazione, nell’attenzione allo sport come valore sociale.

Borghi, operaio cavaliere del lavoro e ingegnere honoris causa – riconoscimenti meritati sul campo – ha dato occupazione e benessere a migliaia di persone e famiglie, è stato amato come pochi dai suoi dipendenti, con le sue scelte personali non ha fatto perdere un solo posto di lavoro: ha creato qualcosa di molto importante e l’ha consegnata alla storia ma anche al futuro della nostra gente.

Gli imprenditori di Varese all’inizio della sua prodigiosa crescita hanno snobbato Borghi, non lo sentivano uno di loro, si sarebbero rassegnati anni dopo: rispettabilissimi, ma legati a tradizioni e usi di un gruppo che aveva fatto assieme tanta strada, non riuscivano sempre a comprendere un ciclone di idee e iniziative che poteva sembrare solo un’avventura. La popolarità di Giovanni Borghi li indisponeva, sentimenti e atteggiamenti mutarono con la crescita economica generale, della quale erano partecipi tutte le componenti del mondo del lavoro, quindi anche la vecchia guardia. I nostri imprenditori degli ultimi decenni hanno seguito e seguono con attenzione positiva le eventuali esperienze di frontiera fatte dai colleghi.

Come giornalista sottolineo volentieri il rispetto di Giovanni Borghi per il nostro ruolo. Le sue fortune nel rapporto strettamente personale con lo sport locale sono state altalenanti, addirittura lui, grande padre della squadra di basket, la mitica Ignis, da presidente effettivo non ha colto traguardi importantissimi; accadeva invece che nei momenti di crisi la stampa poco perdonasse alla società.

A Borghi sarebbe bastato poco per alzare il telefono e “perorare” la causa gialloblù presso gli editori che egli rendeva felici con tanta pubblicità: non lo fece mai, era un vero sportivo.

A noi giornalisti arrivavano subito indiscrezioni e notizie sui comportamenti del presidentissimo, a volte ne siamo stati testimoni. Credo accada pure oggi se si ha a che fare con grandi personaggi.

Incominciai ad avere attenzione particolare per i vertici di Comerio quando mi raccontarono di un dipendente colto sul fatto mentre rubava e portato immediatamente davanti a Borghi perché fosse licenziato all’istante. Il poveretto fu investito da un tornado di urla e rimproveri, poi ci fu un attimo di tregua al quale seguì la sentenza, pronunciata con tono normale: “Restituisci e non farlo più altrimenti sarai licenziato”. Ancora qualche attimo di silenzio, poi chiusura dell’udienza con un nuovo, inatteso, poderoso rialzo della baritonale voce del presidente: “E adess va, va, va… vadavia…”.

 

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