Non mi attiravano i paradisi sovietici ai quali aspiravano i comunisti di casa nostra perché espressione di una dittatura, sia pure della classe più bastonata dell’ umanità, il proletariato, ma già da giovane avevo rispetto per coloro che conoscevo come frequentatori, con slancio e fede, della”chiesa rossa”. Il motivo: ne sapevano molto, ma molto di più della loro dottrina, di noi tutti che con un certo rigore avevamo imparato i fondamentali insegnamenti evangelici, ma poi nel grande mare del sapere filosofico, economico e sociale si faceva piccolo cabotaggio. E solo chi all’università aveva scelto determinate facoltà poteva veramente approfondire argomenti di notevole importanza per la comunità nazionale.
Oggi lo avrebbero definito operatore ecologico, allora era semplicemente uno spazzino, ma Didimo, nome veramente importante, davanti a piccole ammirate platee – nei giardini in estate, in inverno nel Gran Caffè – teneva testa anche a docenti universitari quando qualche astuto, simpatico provocatore, avendo individuato le presenze giuste, commentando avvenimenti “caldi” creava le premesse per una sorta di tavole, arroventate più che rotonde, nelle quali appunto Didimo, appoggiata la grande scopa “ stradale” a una pianta o a una parete, senza mai alzare la voce duellava con gli esperti di professione. E a volte sembrava Robin Hood.
Non so sino a quando nel PCI siano durati i corsi di cultura politica né, per chi doveva far parte dell’apparato siano rimaste in funzione le scuole di partito, ma è un fatto che quanto a formazione e aggiornamento i comunisti italiani sono stati avanguardia.
I loro antagonisti negli anni li hanno rincorsi senza mai raggiungerli, però il pianeta politico di quei lontani tempi ha avuto a lungo uno spessore importante grazie a questa attenzione alla formazione, a specificità culturali, a conoscenza e attenzione che riscuotevano consensi nell’elettorato.
La sensibilità politica imponeva inoltre che ci fosse riguardo e rispetto per ogni obiettivo, così le candidature alle elezioni europee videro in lizza nomi di richiamo, gente preparata.
Mi sembra che oggi si sia arrivati con disordine a questa tornata elettorale europea di maggio se è vero che la composizione delle liste è stata oggetto di discussioni e scelte non sempre rigorosamente ispirate a criteri di conoscenza reale, profonda, di problematiche internazionali che interessano moltissimo il nostro Paese.
Oggi ogni partito dovrebbe preparare per tempo i possibili candidati a Strasburgo: è infatti vitale disporre di una squadra competente, autorevole e quindi degna del massimo rispetto da parte di un parlamento che regolarmente ci snobba.
Ho ricordato Didimo e la preparazione dei comunisti proprio perché l’Europa richiede rappresentanti con personalità e cultura specifiche, di spessore. A Strasburgo non c’è udienza per chi sbraita o parla rifacendosi magari a faide italiane; inoltre occorre sapere bene di economia e finanza. Insomma si è più credibili se si è davvero preparati al compito che i cittadini ci hanno assegnato.
L’Europa è anche un mondo dove ha potere enorme la burocrazia, necessaria, ma anche a volte paradiso della scemenza quando detta le regole sulle dimensioni che debbono avere i cetrioli o
fa attentati alla purezza del cioccolato.
C’è un solo modo oggi d’essere europeisti: studiare da veri cittadini d’ Europa. Studiare cioè con fede, come Didimo che non aveva i soldi per una bicicletta nuova e tanto meno per la scuola. E un giorno per il suo sapere incantò un grande professore dell’ateneo parmense
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