Ancora una volta, come troppo spesso è accaduto negli ultimi anni, siamo di fronte a scelte destinate a penalizzare l’aeroporto della Malpensa, ormai diventato uno dei tanti esempi dell’incapacità politica di disegnare, difendere e valorizzare le proprie strategie. Ammesso che in questo caso di strategie si possa parlare tanti sono stati i passi, i ritardi, i compromessi al ribasso attuati negli ultimi anni.
Ora è in gioco l’accordo tra Alitalia e la compagnia di Abu Dhabi, Etihad, che si è detta disposta (salvo sorprese dell’ultima ora) a investire 500 milioni nella nostra ex-compagnia di bandiera, acquisendo di diritto il 49% del capitale, ma garantendosi di fatto la completa gestione. Tra l’altro il primo punto debole è proprio questo. Le regole europee garantiscono, giustamente, i vantaggi del mercato unico alle società controllate all’interno di questo stesso mercato. Ebbene la società degli emirati aggira disinvoltamente questa norma con la complicità degli azionisti della società italiana, azionisti che accettano di non contare più nulla, pur di veder salvaguardato almeno in parte il proprio capitale.
Ma se da un profilo dell’interesse nazionale potrebbe essere a questo punto utile che qualcuno accetti di “salvare” Alitalia a proprie spese (anche se sarebbe stato molto più ragionevole accettare cinque anni fa la proposta di Air France), altrettanto importante tuttavia dovrebbe essere garantire assieme a questo salvataggio anche la salvaguardia degli interessi dei cittadini e dell’economia italiana.
Ebbene al di là delle clausole ufficiali dell’accordo, che peraltro si conoscono solo in parte, vi sono alcuni elementi che risaltano con evidente certezza.
In primo luogo il fatto che l’accordo crea nuovi pesanti oneri per il bilancio pubblico dato che si prevede un drastico ridimensionamento del personale con l’intervento dello Stato per la copertura della cassa integrazione, dei prepensionamenti e dei collocamenti in mobilità.
In secondo luogo la richiesta di potenziare i collegamenti con l’aeroporto di Fiumicino rendendo strutturale il passaggio dei treni ad alta velocità. L’aeroporto di Roma è infatti destinato, secondo le strategie di Etihad, aa diventare il più importante snodo per il traffico tra Europa e Sud del mondo.
In terzo luogo, per gli aeroporti milanesi, si chiede di concentrare a Malpensa il traffico merci e di sviluppare ancora di più il ruolo di Linate per tutti i collegamenti a breve e medio raggio. La compagnia degli emirati chiede inoltre che non vengano concessi voli intercontinentali diretti operati da altre compagnie (è il caso del Malpensa – New York aperta da alcuni mesi da Emirates e per il quale è aperto un contenzioso amministrativo) e soprattutto che vengano ridimensionate le concessioni ai vettori low cost, vettori che sono ora una parte importante di Malpensa con Easyjet e di Bergamo con Ryanair.
In sintesi la strategia di Etihad è quella 1) di tenere la polpa di Alitalia portando a profitto una società ridimensionata grazie a significativi aiuti di Stato, 2) sfruttare Fiumicino e Linate per portare passeggeri alle altre società controllate da Ethiad, 3) chiedere vincoli e limitazioni per frenare la concorrenza.
Direbbe Totò… “e noi paghiamo!”. Paghiamo come contribuenti per i maggiori oneri sul bilancio statale, paghiamo come consumatori se vengono introdotte limitazioni alla concorrenza, paghiamo come cittadini se vengono sacrificate opere e infrastrutture che hanno richiesto grandi investimenti.
Per la “grande Malpensa” si è speso tanto, ma si è anche speso male e si è gestita male la spesa compiuta. Basti pensare al collegamento ferroviario attuato in un’ottica provinciale mentre sarebbe stato possibile e necessario collegare da subito l’aeroporto con la rete ad alta velocità spostando di pochi chilometri la linea del Sempione. Basti pensare al ben scarso impegno che sta accompagnando i lavori, ancora in gran parte fermi, dell’Arcisate-Stabio linea che dovrebbe tra l’altro collegare Malpensa con la rete ferroviaria svizzera. Basti pensare all’anomalia di una società comela SEA, che gestisce i due aeroporti di Linate e Malpensa, due aeroporti che probabilmente potrebbero svilupparsi molto meglio se venissero messi in concorrenza tra di loro in due società distinte.
Morale della favola: ancora una volta hanno il sopravvento le logiche politiche, gli interessi di parte, le tentazioni assistenziali. Si fosse lasciato fare al libero mercato ne avremmo guadagnato tutti. Magari Alitalia sarebbe fallita prima, come è fallita Swissair dieci anni fa. Ma gli svizzeri continuano a volare con Swiss entrata nel gruppo Lufthansa. Anche Alitalia sta diventano una compagnia straniera. Nel peggiore dei modi e con i più alti costi economici e sociali.
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