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Cultura

GENIO, SCIENZA E SPIRITUALITÀ

LIVIO GHIRINGHELLI - 18/04/2014

La manualistica scolastica all’epoca degli studi liceali ci ha consegnato l’immagine di uno scienziato precocemente geniale nell’ambito matematico – geometrico, come in quello sperimentale della fisica nella definizione di principi fondamentali per lo studio della fluidodinamica. Ci si ricorda, anche senza approfondimenti, del Teorema di Pascal sulle sezioni coniche, come del Triangolo di Pascal, altrimenti noto come Triangolo di Tartaglia o della soluzione dei problemi della cicloide; in fisica domina il principio di Pascal, per cui la pressione esercitata su una superficie qualsiasi di un fluido si trasmette invariata a qualsiasi altro punto del fluido e in particolare a qualsiasi superficie con cui il fluido sia in contatto, indipendentemente da come sia orientata. Onde la moderna barometria, l’altimetria e soprattutto le elaborazioni in campo meteorologico. Di rilievo altresì le Nuove esperienze riguardanti il vuoto: nelle scienze empiriche ciechi sono coloro che portano la sola autorità degli antichi in luogo dei ragionamenti e delle esperienze. Tra le realizzazioni più originali la macchina aritmetica o Pascaline, descritta e illustrata nella stessa Encyclopédie, il primo computer (un calcolatore) nella storia.

Ma nella sua genialità polivalente prende posto altresì di rilievo l’episodio della sera del 23 novembre 1654, quando, leggendo il capitolo 17 del Vangelo di Giovanni, vive una sorta di esperienza mistica, la nuit de feu, così definita nel cosiddetto Memoriale, ripiegato entro una copia in pergamena, cucito nelle vesti e trasferito a ogni cambio. Qui l’invocazione al Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Ciacobbe. Non dei filosofi e dei dotti, Dio di Gesù Cristo. “Me ne sono separato, l’ho rifuggito, rinnegato, crocifisso. Che non ne sia mai più separato!… Eternamente nella gioia per un giorno di esercizio sulla terra”.

Va detto al proposito che il Pascal pensatore religioso applica lo stesso rigore epistemologico reperibile in campo scientifico e che quel passato non rinnegò mai come esperienza vana, ritenendolo un momento di necessaria evoluzione del pensiero e della vita spirituale.

Tra il 1655 e il 1656 Pascal si trattiene a lungo a Port Royal, monastero cistercense, roccaforte giansenista e vi conosce il teologo della Sorbona Antoine Arnauld, determinante col suo influsso per la stesura delle Lettere Provinciali, che intendono coinvolgere la società civile nel dibattito religioso. Le Provinciali, ferme alla XVIII lettera, sono pubblicate in edizione completa nel 1657 con lo pseudonimo di Louis de Montalte e vengono immediatamente condannate per l’avversione di Papa Alessandro VII e per il ricorso a una forma non dotta nel francese corrente. Il discredito nel confronto dei Gesuiti ne è un frutto avvelenato. Pascal si inserisce nella polemica tra i teologi giansenisti, sostenitori del principio di grazia efficace, concessa solo ad alcuni predestinati dopo il peccato originale, sola e vera condizione di conversione e di salvezza per Agostino e i molinisti, seguaci delle dottrine del gesuita spagnolo Luis De Molina, che ammettono una grazia sufficiente elargita a tutti e che garantisce un ruolo decisivo alla libertà dell’uomo di salvarsi con la propria volontà. Il molinismo è considerato da Pascal come una nuova forma di pelagianesimo.

Spostandosi nell’ambito morale Pascal assale la morale rilassata dei teologi casuisti (ridotta a calcolo dei casi di coscienza) e probabilisti, per lo più gesuiti, favorevoli a un criterio relativistico di discernimento. Critica fortemente la spiritualità a buon mercato delle devozioni facili, intese come mezzo sicuro di salvezza e gli accomodamenti introdotti in merito alla mortificazione della confessione sacramentale. Il nostro autore si chiede se sia possibile “salvarsi senza avere mai nella propria vita amato Dio”. “ Il prezzo del sangue di Gesù Cristo sarà di ottenerci la dispensa dall’amarlo”. Alle Provinciali si accompagnano i frammentari Scritti sulla grazia (1656).

Già nei primi mesi del 1658 Pascal attende alla stesura dei Pensieri, testi, note e riflessioni, appunti rapidi e fulminei, rimasti in stato di incompiutezza, saranno pubblicati postumi a partire dal 1670. Vuole ridimensionare drasticamente lo spirito di sufficienza indotto dal nascente ottimismo razionalistico e restituire il ritratto di un uomo lacerato problematicamente tra le vanità e le miserie della quotidianità e al contempo capace di infinito. L’uomo nella natura è un nulla in confronto all’infinito e un tutto in confronto al nulla.

Pascal considera le ragioni di veridicità del deposito strutturale, l’efficacia storica e l’impatto culturale del Cristianesimo, la storia delle forme di santità a riprova della capacità rigenerativa della grazia e arriva infine alla dimensione del vissuto relazionale della Chiesa come corpo mistico di Cristo. L’amor proprio così si purifica della sua centratura soggettivistica.

Il binomio dinamico amore-ragione esprime una concezione profondamente unitaria della conoscenza, che vede però nel primo (l’intuizione) il baricentro intellettuale e morale della coscienza, il santuario privilegiato di Dio, ricettacolo della grazia e via di accesso al soprannaturale, senza però che si possa classificare in senso fideistico l’affermazione che “è il cuore che sente Dio e non la ragione. Ecco cos’è la fede”. (Pens. II, 424). Le modalità conoscitive, che si designano come esprit si qualificano come esprit de géométrie (De l’esprit géométrique, 1657), informato dalla ragione ed esprit de finesse, essenziale nella comprensione del mondo umano: la conoscenza per mezzo del cuore rappresenta il punto omega dell’esperienza umana.

Vale la pena di concludere con quella famosa scommessa sull’esistenza di Dio, per cui, liberi dai fattori inquinanti dell ‘immaginazione e delle passioni, ci rendiamo conto della convenienza del puntare su di lui, poiché la posta in gioco è la vita eterna. Di fronte una vita terrena vissuta con profonda onestà e giustizia non andrebbe comunque perduta, anche se Dio non esistesse.

Pascal ebbe una salute fortemente compromessa sin dalla nascita. L’aggravamento delle sue condizioni nel 1659 gli suggerì la stupenda pagina della Preghiera per chiedere a Dio il buon uso delle malattie. Una crisi dell’estate del 1662 lo vede trasferirsi dalla sorella Gilberte a Parigi, fare testamento il 3 di agosto, spegnersi coi conforti dell’estrema unzione e della comunione il 19.

 Profondamente avversato da Voltaire e da Victor Cousin, benevolmente letto da Chateaubriand e con sorpresa da Nietzsche, oggetto di una splendida monografia di Romano Guardini, Pascal è rimasto a lungo emarginato dalla cultura cattolica pei sospetti di giansenismo. Solo con la Fides et ratio di Giovanni Paolo II (1998) il suo nome è entrato per la prima volta in una enciclica.

 

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