Leggo con interesse e preoccupazione – come molti varesini – delle sorti della ex caserma Garibaldi, della volontà di riqualificare piazza Repubblica, della costruzione del nuovo teatro. Vorrei offrire a questo proposito il mio modesto contributo di riflessione, forte di una ventennale esperienza alla direzione dei servizi culturali del Comune di Varese ma soprattutto nello spirito propositivo sollecitato dal neonato comitato Varese 2.0 e convinto che un “nuovo Rinascimento” è necessario ma soprattutto possibile se davvero ci si mette tutti in un atteggiamento realistico partendo dalla valutazione di tutti i fattori in gioco.
Innanzitutto un po’ di storia: quando entrai in Comune nel 1985 era assessore alla cultura il compianto Salvatore Caminiti, una figura animata da grande entusiasmo e da sincera passione per la nostra città che amava sinceramente nonostante le origini siciliane. Sua la volontà di ristrutturare i musei di Villa Mirabello ospitandovi grandi mostre (Cairo, Guttuso, Fontana ecc.) ed il Castello di Masnago, da poco acquisito come bene comunale, di dare alla biblioteca il capace deposito sotterraneo, di creare nella palazzina di via Sacco una delle prime videoteche pubbliche d’Italia e di risolvere finalmente la già allora annosa questione della costruzione di un teatro stabile riscattando la sciagurata demolizione nel 1953 del “Sociale”.
Il successo della stagione teatrale avviata dal suo predecessore e primo assessore alla cultura, Speroni, con Gibilisco sindaco alla fine degli anni ’70 era un chiaro invito ad agire in tal senso ed in tempi di “vacche grasse” (almeno relativamente rispetto ad oggi) l’obiettivo sembrava raggiungibile. L’area individuata era quella del parcheggio tra via San Francesco ed i Giardini Estensi e l’intenzione era quella di avere un centro polifunzionale e flessibile che fungesse anche da auditorium e centro congressi; venne così bandito un concorso di idee e vincitore risultò il progetto firmato dagli architetti Muzio e Zevi, eredi di una prestigiosa scuola di architettura. Da qualche parte in Comune deve ancora esistere il modello del teatro ma le idee anche se buone devono avere le gambe (leggi danè) e non se ne fece nulla.
Cambio di Giunta e di Assessore, e con Sabatini sindaco e De Feo assessore spunta l’ipotesi di coinvolgere il privato in una mega operazione immobiliare sull’area nel frattempo resasi disponibile con la demolizione del mercato coperto. Altro concorso vinto da altra firma di assoluto prestigio, il ticinese Mario Botta il cui progetto non suscitò però grande entusiasmo: prevedeva infatti una massiccia struttura cilindrica dove il teatro finiva relegato nel seminterrato per lasciare ampio spazio fuori terra a volumetrie a fini commerciali, ma questo era lo scotto da pagare al privato per consentire il cofinanziamento dell’operazione. Arriva tangentopoli ed il progetto venne spazzato via insieme ad una intera classe politica.
In attesa di tempi migliori e comunque con buona dose di realismo di cui si fanno anche fautori i tecnici comunali, si opta, giunti ormai al nuovo millennio, per una soluzione provvisoria, l’attuale teatro tenda che almeno ha consentito di non disperdere, anzi di incrementare, quella sana passione dei varesini per lo spettacolo dal vivo che già ai tempi di Speroni aveva fatto guardare con stupore le fila ai botteghini per acquistare l’abbonamento alla stagione teatrale.
Veniamo all’oggi: leggo che si prevede di insediare il teatro nella ex Caserma Garibaldi acquisita al demanio comunale e che sull’area del teatro tenda si vuole costruire una palazzina per ospitare la nuova sede della Polizia Locale (esigenza anch’essa di lunga data). E il tutto nell’ambito di un vasto accordo di programma con la Regione Lombardia e la Provincia di Varese (o ciò che ne resterà), e comprendendo anche l’ex collegio sant’Ambrogio abbandonato al suo destino dall’Università dell’Insubria e la riqualificazione dell’intera piazza.
Sempre presente tuttavia la necessità di integrare la spesa con l’intervento di investitori privati. Peccato che il diavolo ci metta lo zampino ed in questo caso lo zampino è quello, tutt’altro che accessorio, della Direzione Regionale per i Beni culturali, architettonici e paesaggistici che pone vincoli di non poco conto e che soprattutto vuole vedere valutazioni tecniche e di costo alternative, oltreché più puntuali, prima di dare un assenso definitivo.
Una domanda mi sorge allora spontanea: perché insistere a voler collocare il teatro nella ex caserma? Come rendere compatibile una struttura di tale impegno che ha complesse esigenze funzionali (avete presente la torre scenica che è stato necessario costruire alla Scala di Milano, chiamando a soccorso per la sua progettazione Mario Botta?) con un edificio di cui si devono salvaguardare i prospetti e, quel che è più complicato, il cortile interno ancor più meritevole di interesse? Non sarebbe più logico lasciar sopravvivere la vocazione a caserma insediandovi il Comando della Polizia Locale? Ed il teatro non troverebbe ben più facile e prestigiosa collocazione nell’area dell’attuale teatro tenda lanciando un concorso di idee come quelli che hanno già avuto luogo, a scala internazionale e senza i vincoli di una progettazione che debba fare i conti con un edificio preesistente che crea solo difficoltà e nessuna opportunità?
Ma come fare a dare “trippa ai gatti”, come proprio su RMFonline ha recentemente osservato Ambrogio Vaghi nella consapevolezza che nonostante l’impegno degli Enti pubblici e la generosità della Regione Lombardia (non sprechiamo questa occasione!) occorra ancora sviluppare una sinergia tra pubblico e privato (traduzione elegante della menzionata trippa)?
Non ho soluzioni in tasca, osservo solo che spazi residuerebbero probabilmente nella caserma Garibaldi anche a fronte del trasferimento della Polizia Locale, che il Collegio Sant’Ambrogio è anch’esso una pedina da giocare, che il trasferimento in tale contesto dell’ASL o di altre funzioni libererebbe a sua volta altri spazi e che la soppressione dell’ente Provincia fa scendere il numero dei giocatori e forse semplifica il gioco…
Forse… l’unica cosa certa è che non si può correre il rischio che per la terza volta tutto finisca nel cassetto tanto più che questa volta siamo di fronte anche ad un edificio pericolante che è una minaccia per la pubblica incolumità e ad una viabilità modificata che cerca di porvi riparo con gli effetti sul traffico che tutti constatiamo.
Nelle foto il progetto vincente Muzio-Zevi sull’area di via San Francesco dal volume “Per un teatro a Varese” edito nel 1985
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