Al mio esordio come elettore papà Silvio mi aveva ricordato che l’esercizio del diritto a un libero voto era costato a noi italiani sangue e lacrime e perciò mai nella mia vita avrei dovuto rinunciarvi. Una raccomandazione che ha mantenuto intatto il suo spessore morale anche se oggi l’astensionismo, proprio in omaggio alla democrazia, va accettato e benissimo si deve accogliere il fatto che da anni abbia preso piede il voto di protesta, magari inizialmente considerato inutile da buona parte del corpo elettorale. Qui da noi, nella Varese della tradizione e della conservazione, si è avviato il fenomeno leghista e di recente si è affacciata senza ricevere torte in faccia o ironie l’avanguardia dei 5 Stelle.
Varese laboratorio della politica nazionale già nella seconda metà del secolo scorso: credo che possano raccontare molto e molto meglio i nostri carissimi Fiori e Vaghi, con altri amici e colleghi protagonisti della splendida avventura di libertà e democrazia rappresentata da RMFonline, emittente al riparo dai dittatori dell’etere.
Che per me il voto sia sacro è decisamente scontato, ma che oggi ne valuti l’importanza in termini… chilometrici, di distanza cioè tra il cittadino elettore e l’istituzione che deve essere rinnovata, è una esperienza consolidata, costruita su delusioni dovute a una cultura politica di stampo imperiale che risale appunto alla Roma caput mundi.
Il voto più genuino è quello dedicato ai governi locali. Dà la possibilità di controllare l’operato degli eletti, ma già essi diventano sfuggenti se entrano nel sistema regionale: sono più legati a strategie, scelte, condizionamenti che discendono dal ruolo eliocentrico di Milano. Siccome Varese è ai confini dell’impero noi possiamo avere dato i natali e residenza al governatore della Lombardia, al presidente del Consiglio regionale e a responsabili di commissioni e incarichi vari, ma resteremo sempre gli ultimi del villaggio. Esagero? La chiamano Pedemontana, ma assomiglia più a una nuova circonvallazione esterna di Milano, invece dalla crisi irrisolta di Malpensa ecco danni anche per Varese, poi l’ospedale di Circolo dove vige la filosofia dei minireparti, ce ne sono infatti diversi con grandi primari e pochissimi letti, ma dobbiamo stare tranquilli: é ormai a buon fine il progetto che prevede l’abolizione delle malattie e conseguenti risparmi sui ricoveri.
Quella dei posti letto è una storia dove non mancano i Pinocchi: all’inaugurazione del nuovo monoblocco, realizzato grazie al finanziamento ottenuto da Giuseppe Adamoli, ne vennero annunciati 750, oggi sarebbero non più di 660.
E di bugie ne sono state raccontate sull’investimento edilizio del nuovo “Del Ponte”? Di dubbi ce ne possono essere se è vero che da un punto di vista sanitario forse, e solo con il tempo, nell’erogazione dei servizi la struttura, eccellente dal punto di vista alberghiero, sarà realmente indipendente dal “Circolo”. E comunque di quale portata sarà il nostro ospedale pediatrico se Milano sta puntando alla realizzazione di un centro di livello internazionale?
Se già ci sono problemi a votare per la Regione candidati che garantiscano un ritorno di reale attenzione ai nostri problemi, basta un aggettivo per il bilancio di quanto abbiano fatto per la città
i parlamentari: inadeguato. Zamberletti come gestore dell’ immediato dei dopo terremoto ha offerto alla nazione una bella immagine di Varese; Binaghi, Portatadino,Valcavi, Bossi hanno lavorato bene per l’Università; Maroni da ministro per motivi di ordine pubblico impose il raddoppio del raccordo autostradale, Marantelli ha cercato invano di rimediare al pasticcio comunale del nuovo carcere. Tutto qui. Si spiega anche così lo stallo della città nonostante il suo “peso” nei lunghi governi romani e lombardi del Centrodestra.
Resta da valutare il voto europeo, più distante della luna per i cittadini di una Europa unita che non è mai nata. I partiti con i candidati fanno cassa e mettono in lista gente da premiare o da allontanare. Per noi un voto dunque al buio, deprimente, che però per i varesini avrebbe avuto senso e sostanza se ci fossimo ricordati di strappare l’adesione a una candidatura per Strasburgo a Luigi Zanzi, avvocato, storico, docente universitario, europeista di grande cultura, seguace e amico di Altiero Spinelli, uno dei padri del progetto dell’unione dei popoli del nostro Continente.
Luigi Zanzi con la sua presenza avrebbe dato immagine e respiro europei alla nostra città e alla politica nazionale. I partiti italiani invece hanno sempre guardato a Strasburgo e Bruxelles come a una sorta di baraccone, di giostra. Quella del calcinculo.
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