Alessandro Manzoni diceva di “sentir odore di carbone” nella prosa di Carlo Cattaneo e se non vogliamo interpretarlo come un giudizio letterario negativo, sicuramente alludeva al fatto che il patriota, filosofo, politico federalista e scrittore milanese (1801–1869) fu per quarant’anni un acuto studioso delle vicende ferroviarie prealpine e transalpine. Dall’esilio e poi soggiorno luganese, Cattaneo meditava di collegare il Meridione alla Svizzera con percorsi misti di terra e di lago passando, tra le varie ipotesi prese in esame, da Porto Ceresio e Ponte Tresa. Sappiamo invece che la provincia di Varese, ripartita tra Como e Milano, rimase tagliata fuori dai collegamenti internazionali e ancora oggi i pendolari della Milano – Rho – Gallarate – Varese si chiedono perché i binari dello Stato compiano un largo giro di sessanta chilometri, quando ne risparmierebbero una ventina passando per Tradate e Saronno come fa il percorso delle Nord.
Misteri della politica. Nel secondo dopoguerra fu poi smantellata la tranvia elettrica Varese – Ganna – Ghirla che si biforcava per Luino e Ponte Tresa collegandosi con la tuttora funzionante Ponte Tresa – Lugano; e rimase secondaria, a binario unico, la Varese – Porto Ceresio che nel 2009 è stata soppressa per lasciare il posto (chissà quando) alla linea Arcisate-Stabio tra mille polemiche per la mancanza di soldi e l’arsenico da smaltire. All’analisi dei tentativi compiuti nell’Ottocento per migliorare i collegamenti di Varese con la confederazione svizzera e per attenuarne l’isolamento ferroviario – di cui ancora soffre, la questione è attualissima – è dedicato il libro “Il mancato traforo del Campo dei Fiori” di Luigi Bulferetti e Piero Mondini, Quaderno n. 16, edito nel 1988 da Laterza e Cariplo come supplemento della Rivista Milanese di Economia.
Il libro raro e prezioso, dopo aver spiegato le tesi di Carlo Cattaneo sulle ferrovie prealpine, mette a fuoco i progetti delle mai realizzate linee Varese – Bellinzona e Varese – Brinzio – Luino con l’avveniristico progetto che l’ingegner Leopoldo Zanzi, fratello di Ezechiele, segretario comunale di Varese e fervente garibaldino, studiò per scavare la galleria di Brinzio sotto il Campo dei Fiori. La linea misurava oltre 22 chilometri di cui 8,5 di galleria, dall’imbocco di Bregazzana allo sbocco nella valle compresa fra Rancio e Masciago. Da qui fino a Luino, sempre all’aperto, la ferrovia avrebbe dovuto mantenersi a mezza costa a valle di Ferrera e Grantola e costeggiando la Margorabbia raggiungere Voldomino e Luino. Prevista lungo il percorso la costruzione di due cavalcavia alti rispettivamente 34 e 10 metri e di tre ponti di 29 metri sul fiume Tresa, di 12 metri sull’Olona e di 10 sul torrente Fermona.
Forse il traforo costava troppo o forse prevalsero altre logiche più favorevoli a Milano e a Como, sta di fatto che l’Arcisate-Stabio sanerà un ritardo di oltre un secolo. L’interessante volume è esposto nella mostra permanente allestita nella stazione di Porto Ceresio e aperta tutti i sabati dalla 15 alle 17. Ha un nome romantico, Piccolo museo dei ricordi di un tempo. Contiene affascinanti testimonianze della storia di Porto, della navigazione sul lago e della linea ferroviaria. “Fra le principali curiosità – spiega il collezionista Salvatore Ferrara che cura l’allestimento – ci sono l’ancora e le bitte dei piroscafi gemelli Morcote e Paradiso, le prime motonavi che solcarono il lago Ceresio. Costruite ad Amburgo nel 1921 e nel 1923, furono utilizzate dalla Società di navigazione del lago di Lugano per il trasporto dei frontalieri e poi come locali galleggianti, affondarono per un fortunale nel 1980 e furono recuperati nel 2012”.
Un’altra chicca esposta è la cartina dipinta a mano da L. Lavezzari nel 1859 con le profondità del lago: la massima di 296 metri si trova al largo di Caprino – Gandria verso Porlezza, mentre quella tra Porto Ceresio e Morcote varia da 26 a 69 metri. Fra le tante altre curiosità, ecco alcune stampe con incisioni e stucchi settecenteschi del pittore arcisatese Benigno Bossi, il pianoforte della cantante e soubrette Meme Bianchi (nome d’arte di Magda Merope Bianchi, nata a Porto Ceresio nel 1907, una delle prime voci femminili a esibirsi ai microfoni dell’EIAR) e, ancora, la bandiera risorgimentale donata dal colonnello Mario Bianchi all’associazione combattenti e reduci di Porto Ceresio e un’immaginetta religiosa del 1855 con il nome antico di Porto Ceresio: il paese si chiamava Porto Morcò in omaggio alla prospiciente località turistica svizzera.
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