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Politica

LA SALVEZZA STA IN EUROPA

LIVIO GHIRINGHELLI - 14/03/2014

Dalla Comece (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea), presieduta dal Cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo di Monaco di Baviera, è giunto un appello a non accogliere i messaggi ed i pronunciamenti degli euroscettici e degli eurofobi per disertare le elezioni di maggio, con un netto regresso verso tentazioni di frammentazione egoistica in chiave nazionale. Se le elezioni al Parlamento comunitario nel 1979 al tempo dell’Europa dei nove registravano il 62% di partecipazione, nel 2009, nell’ambito di un’Unione europea estesa a 27 Paesi la percentuale si è già contratta al 43% e si paventa per il futuro un’astensione peggiore a favore dei partiti più estremi. Padre Patrick, Segretario della Commissione, si è così pronunciato: l’astensione non è un’opzione e la scelta è da attuare con piena cognizione di causa.

C’è da rafforzare la coesione sociale, produrre un impegno ben maggiore per contrastare efficacemente la disoccupazione giovanile, interpretando i servizi sociali non come semplici costi, bensì come politiche di sostegno all’economia e all’occupazione. L’integrazione va intesa nel quadro di una maggiore e più convincente giustizia, di una solidarietà che veda tutti assumere la responsabilità dei fratelli. Non ci si salva da soli accentuando i caratteri di una libertà troppo individualistica, perché appartiene alla libertà in modo eminente il rapporto con l’altro. C’è poi la preoccupazione per l’aumento dei flussi migratori nel rispetto della dignità della persona umana. Di qui l’esigenza di una cooperazione in seno all’UE. Bisogna che riapriamo la dimensione dell’eternità sulle nostre storie, che andiamo al contempo verso le periferie geografiche e verso quelle dell’esistente. Una vocazione missionaria in termini di diritti dell’uomo farebbe dell’Europa una grande fautrice della pace.

Certo ci si trova di fronte all’esigenza del Governo tedesco, che sia data priorità al consolidamento dei bilanci, alla difficoltà che la Germania e altri paesi”satelliti” accettino effetti redistributivi negativi a breve e medio termine nella prospettiva del proprio interesse di lungo periodo, mentre è il paese che trae i maggiori benefici dalla moneta unica attraverso l’aumento delle esportazioni. Uno Stato semiegemonico non può che determinare alla fine situazioni conflittuali, anche se non pericolose. E’ necessario invece che sulla via di un’Europa veramente unita si concreti un efficace sforzo di cooperazione, che parta da una prospettiva politica condivisa, oltre la dinamica tecnocratica, senza che i vincoli sistemici mandino in frantumi i rapporti di solidarietà. Questa consiste in un atto politico, che trascende la forma di altruismo morale pur sottesa. Per i Tedeschi è soprattutto una sfida politica interna. Per ora ci fermiamo a poco più di un’alleanza tra Stati sovrani.

Ci si pone il problema di una parziale collettivizzazione del debito pubblico dei singoli Stati (non certo esclusi dai benefici dell’intervento i Paesi meno virtuosi), emettendo eurobond, titoli del debito pubblico emessi e garantiti congiuntamente dai Paesi membri. Al fondo va rivendicato il diritto di un fisco europeo di riscuotere imposte per finanziare stimoli economici specifici per i diversi Stati (finalità gli investimenti pubblici selettivamente mirati). E va contenuta almeno in una certa misura la pulsione al profitto del capitale, canalizzandola in direzioni socialmente compatibili. Di qui l’obbligo di passi politici per una maggiore integrazione, di convertirsi dal metodo intergovernativo verso quello comunitario, mentre ora si accusa un deficit di trasparenza.

La democrazia soprannazionale rimane purtroppo un obiettivo a lungo termine, mentre il Parlamento europeo dovrebbe essere l’organo deputato a garantire la legittimità democratica di tutte le decisioni prese a livello dell’Unione.

Sono tutte istanze e necessità che ci invitano a non ripiegarci sull’orto chiuso di casa nostra, rimpiangendo quelli che sono stati tempi di progressiva involuzione. Se le dimensioni del mondo si vanno facendo sempre più vaste e le situazioni sempre più complesse, non pensiamo di avere soluzioni della crisi comode e non dolorose. Assumiamoci la piena responsabilità di trasformare con seri impegni la crisi in occasione di recuperi e di sistemazione progressiva, ma definitiva, dei nostri conti.

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