Nel corso dell’ultima settimana, la presentazione di due libri molto diversi tra loro, ma entrambi frutto di anni di ricerche, ha permesso di gettare nuova luce sulla storia del Seprio. Ma soprattutto ha affrontato da angolature inconsuete i grandi temi, paralleli anche se spesso conflittuali, della ricerca scientifica sul patrimonio monumentale e dei problemi pratici legati al suo recupero e riutilizzo.
“Restauro e riuso del monastero di Santa Maria Assunta in Cairate” è il titolo della prima pubblicazione, curata dall’architetto Francesco Albini. Vi si dà conto di un decennio di lavori svolti nel complesso monumentale per conto della Provincia di Varese, che ne è proprietaria dal 2004. Il gruppo di edifici, che si trovava allora in gran parte in stato di abbandono, è stato recuperato e destinato a vari usi pubblici. In parte è già funzionante come sede del Comune di Cairate e della Biblioteca comunale, mentre nei prossimi mesi verranno portate a termine le opere che renderanno possibile l’allestimento nel chiostro di un museo del Medioevo nel Seprio.
La stratificazione storica del complesso è estremamente intricata, a partire dai resti di edifici agricoli tardoromani, fino alle aggiunte ottocentesche. Non mancano le testimonianze pittoriche, alcune note da tempo come gli affreschi di Aurelio Luini, figlio del più noto Bernardino, altre scoperte invece in corso d’opera, come le decorazioni quattrocentesche di alcuni ambienti che richiamano gli esempi ben noti di Castiglione Olona.
Assai arduo quindi il lavoro dei progettisti, che hanno dovuto tener conto di una molteplicità di fattori e cercare di dare un’ impressione di continuità ad edifici eterogenei legandoli in un tutt’uno attraverso interventi di piccolo calibro, integrando man mano nel progetto tutto ciò che emergeva dalle indagini archeologiche e storico-artistiche. Per la parte del monastero propriamente detto l’obiettivo è stato riportare all’autenticità, demolire più che aggiungere, dare solidità strutturale, L’inserimento di parti attuali è stato fatto usando materiali come vetro, legno e ferro, evitando ogni forma di imitazione, e facendo ricorso a tecnologie di avanguardia. Nella zona della biblioteca si è riusciti a valorizzare i resti romani senza nulla sacrificare della funzionalità degli spazi moderni e facendo in modo che i reperti fossero visibili sia dell’interno che dall’esterno. Soluzioni innovative sono state utilizzate anche allo scopo di rendere accessibili a tutti le varie parti del complesso, evitando ogni barriera architettonica senza mai sacrificare l’eleganza formale.
Tutto questo vene raccontato nel libro attraverso le parole ma ancor più attraverso le immagini e i disegni, offrendo molto materiale alla discussione non solo da parte degli addetti ai lavori, ma anche dei fruitori di questi spazi ritrovati. Discussione che certamente si approfondirà nei prossimi mesi quando, in occasione dell’apertura del museo, uscirà un’ulteriore pubblicazione di taglio più storico.
Già pubblicato invece, ma non ancora disponibile al pubblico, è il ponderoso volume su Castelseprio, con gli esiti delle ultime ricerche. Ricco di novità nel metodo e negli esiti, è stato presentato sabato a cura del Rotary club di Tradate, che ne ha finanziato la pubblicazione, con gli interventi degli archeologi Gian Pietro Brogiolo e Paola Marina De Marchi. Ma su questo ci sarà occasione di tornare
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