La presentazione alla città del Piano di Governo del Territorio (PGT) adottato nello scorso mese di dicembre dalla maggioranza del Consiglio comunale, suscita profonde ed estese perplessità e preoccupazioni. Non solo non si dà seguito progettuale alla consapevolezza dichiarata dell’esistenza di un’area varesina ‘diffusa’ e di un’area varesina ‘potenziale’ che gli estensori del PRG del 1997 (tuttora in parziale vigore) valutavano in centottantamila abitanti. Ma non si considera nemmeno la riorganizzazione della città nell’area ‘ristretta’ compresa nei confini comunali. La città non può affidare la sua riorganizzazione, infatti, alle ‘regole’ del dove e quanto si può edificare.
Guardiamo al nostro passato che può farci capire molte cose.
Prima dell’automobile e dei tram le comunità dell’attuale città ‘ristretta’ si raccoglievano in quelli che noi oggi definiamo ‘nuclei storici’, che giustamente proteggiamo come memorie di storia di fatti e delle generazioni che ci hanno preceduto. Relazioni famigliari e sociali, aiuto reciproco, configurazione della proprietà terriera, centralità della coltivazione della terra e dell’allevamento di animali rendevano necessaria un’edificazione ravvicinata, articolata solo con la realizzazione delle ‘cascine’ a presidio del territorio agricolo di proprietà.
Oggi i ‘nuclei storici’ hanno perduto in gran parte la loro ‘centralità’. Non sono più i luoghi prevalenti dell’incontro e dell’acquisto quotidiano del necessario per vivere. Con l’automobile si va, per acquisti, al supermercato. Dove più scarsi sono gli incontri e le relazioni. Dove allora possiamo incontrarci per conoscere e far conoscere i problemi che ogni giorno affrontiamo, le nostre speranze, i nostri affetti di cittadini, i nostri auspici, i nostri progetti (o desideri) per il nostro futuro?
Si tratta di necessità articolate per età dei varesini. Anziani, adolescenti, mamme e papà, nonne e nonni. Mi capita con una certa frequenza di accompagnare le mie nipoti alla scuola elementare o attenderle all’uscita. Le considerazioni che si ha la possibilità di fare insieme in queste occasioni sono preziose. Ci danno consapevolezza della insopportabilità della vita tendenzialmente appartata delle singole famiglie.
Certo c’è l’esperienza del lavoro con altri (quando non manca). C’è la vita possibile nelle associazioni. La frequentazione agli incontri religiosi (per chi partecipa). L’edificio della chiesa è ancora riferimento e simbolo di una comunità a cui si appartiene. La piazza è luogo di incontro ma le persone che si incontrano spesso non si conoscono. Una palestra è luogo di incontro. Una piscina. Il lago alla Schiranna. Il nostro Sacro Monte.
Riconoscere tutto questo ci fa capire che la riorganizzazione della città deve considerare attentamente il coordinamento e il rilievo attrattivo che questi luoghi devono assicurare. Non è indifferente che l’attenzione sia dedicata prevalentemente alle possibilità edificatorie delle aree, e assai scarsamente ai luoghi significativi per le relazioni sociali.
Se i ‘nuclei storici’ non sono più, da soli e oggi, luoghi per l’incontro desiderato, occorre individuare nella pianificazione nuovi luoghi di vita e attrazione che si fondino anche sulle strutture pubbliche di servizio già esistenti frequentemente non valorizzate con la loro funzione – presenza essenziale.
Occorrono nuovi spazi pubblici significativi che comprendano le nuove chiese e le scuole, ogni altra presenza di utilità e attrattività pubblica che si affaccino su piazze anche articolate, dotate di verde pubblico e di luoghi di sosta non disturbati dalla mobilità veicolare. Raggiunti con percorsi pedonali valorizzati da realizzazioni di verde. Godiamo ancora dei bei filari verdi dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento (altri ne abbiamo distrutti per dare spazio ai veicoli).
Spazi pubblici dove assicurare, anche con il parziale impegno comunale, la presenza di servizi per l’acquisto di generi di prima necessità a chi non possiede l’automobile o non la può guidare perché anziano o in difficoltà personale. Anche per questa offerta, attrattivi.
Ridisegnare la città per la vita di relazione dei suoi cittadini è una necessità urgente e civile, di cui purtroppo si parla ancora poco, rivolti troppo, come finora si è fatto, a una visione di benessere individuale affidato soltanto a un illusorio futuro fondato sul progresso della tecnica.
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