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Attualità

SONDAGGI E VERITÀ

MANIGLIO BOTTI - 20/02/2014

La scorsa settimana, a pochi giorni dall’avvio della sessantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, il Corriere della Sera ha chiesto ai propri lettori sul web, nell’ambito di una rubrica-inchiesta quotidiana, se avrebbero seguito o no la manifestazione canora. La risposta è stata oltremodo negativa per le sorti dell’interesse del Festival e anche piuttosto sorprendente: soltanto il 15% ha detto di sì, che l’avrebbe seguita, mentre l’85% s’è dichiarato indifferente per non dirsi forse tacitamente ostile.

Dal punto di vista degli sviluppi – il Corriere a quanto pare indaga per curiosità e per fare tendenza, ma poi procede secondo un collaudato orientamento – l’inchiesta s’è aperta e chiusa in un battibaleno. Meno di tre giorni dopo il “giornalone” milanese dedicava a Fabio Fazio, presentatore e organizzatore al teatro sanremese Ariston per la quarta volta negli ultimi quindici anni, la copertina del suo settimanale Sette e si produceva nel consueto dispiego di mezzi al seguito, perché si sa “Sanremo è Sanremo”, indipendentemente da tutto.

Il risultato di quell’indagine, tuttavia, ci induce a qualche rilievo e a libere divagazioni su ciò che appare – e dovrebbe poi essere confermato nella realtà – sul web, e dai sondaggi in genere. Su ciò che è intenzione, previsione, desiderio e su ciò che è invece verità o che alla verità più si avvicina.

Prendiamo la politica, per esempio. Si presume – visto che il Festival è stato preventivamente rubricato tra le cose futili e magari anche inutili – che un tale argomento abbia decisamente la meglio sugli altri. Il Corriere della Sera – ma non solo –, tutti i giornali piccoli e grandi della carta stampata, gli on-line, i giornali radio e tv le dedicano (giustamente?) ogni giorno pagine e pagine, pensando senza sondaggi preventivi che i lettori o gli ascoltatori non ne possano fare a meno. E poi si scopre che la sera del giorno in cui il premier (ex) Enrico Letta annuncia le proprie dimissioni per dare al compagno (e rivale) Matteo Renzi la possibilità di salire le scale di Palazzo Chigi la maggioranza del popolo (televisivo) si crogiola in altri ascolti. Un terremoto o quasi, considerati i precedenti.

Quella sera stessa Michele Santoro navigatissimo giornalista politico e conduttore di La7 faceva registrare per il suo “Servizio pubblico” il 10,3% di share pari a 2.368.000 spettatori, mentre la fiction nazional-popolare di Don Matteo con Terence Hill si portava a casa 8.292.000 spettatori e il 28,4% di share.

E questi sono risultati, non sondaggi. Chi e che cosa per davvero suscita interesse e coinvolgimento?

Il discorso dell’interesse vero e delle “dichiarazioni” si può allargare. Da noi, in Italia, la percentuale delle persone che si recano alle urne per votare è ancora abbastanza alta (il 75% degli aventi diritto, che sono circa cinquanta milioni, alle più recenti elezioni politiche), benché con ormai e in più di un’occasione un’irreversibile tendenza al ribasso, specie in occasione di elezioni amministrative (vedasi, esempio ultimo,la Sardegna).

Si sa bene che il voto è un dovere, oltre che un diritto, che gli assenti hanno sempre torto e così via. Per intanto i partiti vincitori, pochi giorni dopo che sono stati resi noti i risultati, cominciano a dichiararsi – e poi continueranno così per l’intera legislatura – come “rappresentanti di tutti gli italiani”, più che di una parte di essi, ancorché cospicua. Ma è evidente che un “grosso” partito del venticinque per cento pesca solo nel settantacinque (quando non è il sessanta o il cinquanta), e non di più; che la sua rappresentatività è di molto ridotta; che il clima di sfiducia e di disinteresse – in definitiva – è sempre molto alto; e poi arrivano i grillini e i forconi.

Così, in generale, lasciano un po’ il tempo che trovano – anzi talvolta sono vere e proprie sciocchezze – alcune generiche affermazioni o alcune considerazioni, le più disparate, che spesso si sentono dire sulle situazioni di vita: la crisi non esiste perché gli aeroporti, le stazioni, le autostrade, i ristoranti e le pizzerie sono sempre pieni (di disoccupati, forse…); gli italiani sono geniali e hanno tante ricchezze: il paesaggio e le opere d’arte; gli italiani non sono razzisti; governare gli italiani non solo è impossibile, ma inutile…

E anche sulle lapidarie affermazioni dell’articolo 1 della nostra Costituzione – L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo… – ci sarebbe qualcosa da ridire. Ma questa è tutta un’altra storia. O magari è sempre la stessa.

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