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Attualità

PIAZZA REPUBBLICA, FUTURO D’ARTE?

MASSIMO LODI - 20/02/2014

Vittore Frattini, "Shangai"

Un futuro d’arte per piazza Repubblica. Dice Vittore Frattini, il cui talento da export (l’America lo conobbe quarant’anni fa) inorgoglisce Varese: “Ridisegnato quest’ambiente così poco armonioso, confortevole e rassicurante, bisognerà dare un tocco insieme d’ingegno e storia e localismo al luogo primario di accoglienza che abbiamo. Molti dei visitatori occasionali o abitudinari di Varese passano di qui, e gli si deve comunicare qualcosa d’importante. Qualcosa che colpisca, e che resti, e che non sia dimenticabile”.

L’occasione – paradossale e obbligata – data dal degrado dell’ex caserma va colta per fare di un danno un’opportunità. Crogiolarsi nel rimpiangere è mediocre, proiettarsi nel futuro è positivo. Anche pratico, secondo Frattini. “La caserma – sostiene – per me va abbattuta e basta. Meglio ricostruire ex novo, dare l’incarico a un architetto di vaglia, realizzare finalmente un’opera edilizia di significativa qualità. Nel passato se ne poteva fare più di una, però non si è voluto. Troppa incertezza, troppo immobilismo, troppi errori”.

Tra di essi, uno che non gli va giù. “Penso a un grande maestro come Mario Botta e alla rimozione della possibilità di servirsene in concreto. Cioè di affidargli la trasformazione di luoghi identitari di Varese. Che peccato. Addirittura gli commissionarono il progetto del teatro, quando si credeva razionale costruirlo in via San Francesco d’Assisi in fianco ai Giardini Estensi, e poi gli dissero: scusi, sarà per un’altra volta. Abbiamo cambiato parere. No, non si fa così”.

E adesso, che cosa si potrebbe fare? Senz’altro togliere barriere, oscurità, impedimenti da piazza Repubblica. “È nata per respirare in grande, e deve recuperare questa spaziosità, concedere un orizzonte largo, invitare all’incontro, essere il centro dell’organizzazione urbana. E poi bisogna caratterizzarla fortemente con le tracce del passato. Immagino la collocazione di sculture d’autori entrati nella nostra storia: Tavernari, per dirne uno. Bodini, per dirne un altro. Mio padre Angelo, per dirne un terzo. E ancora: Cassani, Sangregorio. Facciamo vedere di che segni siamo stati capaci, e quanto essi siano evocativi del meglio, e come possano suggerire una positiva imitazione”.

Firme d’altri tempi. Ma, perché no, anche della contemporaneità. Per esempio: e se la cornice della riveduta piazza fosse un percorso di mosaici eseguiti da lui, da Vittore Frattini, per conferire colore, leggerezza, fantasia a un posto che ha sempre suggerito un esercizio emozionale d’impronta contraria? ” È una possibilità di rendere un servizio a Varese che non scarterei affatto – risponde – e che tuttavia potrebbe trovare attuazione solo nella speciale sensibilità d’un architetto che prenda a cuore la città, accenda d’empatia il suo rapporto verso di essa, si immedesimi nel nostro sentire. Non facile da trovare, un interlocutore simile, perché dovrebbe essere contemporaneamente preso dall’inventiva del professionista di classe e dall’innamoramento del forestiero colpito dalla bellezza d’un sito”.

Nelle more dell’attesa, siamo ottimisti o pessimisti? “Siamo fiduciosi che agli sbagli reiterati sopravvengano le felici intuizioni”. In fondo, il Risorgimento insegna, siamo dei garibaldini ad honorem, e dovremmo avvertire nell’intimo il richiamo dell’audacia. Il Gran Nizzardo transitò di qui, e più volte, tanto che per l’appunto gli dedicarono il manufatto militare: servirà pure qualcosa anche ai posteri, ciò che servì agli antenati.

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