Olimpiadi. Secondo tradizione radicata evento sportivo. Secondo altra tradizione un po’ meno consolidata ma che va sempre più radicandosi evento politico. Avessero materialmente un peso le due situazioni non sarebbe poi facile, come potrebbe sembrare, far pendere il piatto di un’improvvisata bilancia dalla parte dell’una o dell’altra.
Tocca alla Russia stavolta l’organizzazione dei Giochi invernali. Tocca agli altri – con movimento rotatorio ma immancabile nella scelta – l’organizzazione delle critiche. E le critiche, stavolta, si orientano principalmente sul tema delle libertà sessuali ma altre volte, mutando gli organizzatori, si erano variamente orientate contro dittature, sfruttamenti, imperialismi, destra, sinistra e retromarcia.
Non guasta, certo, rimproverare a chi segue in certe direzioni, la strada sbagliata, anche se torna piuttosto difficile far capire ai soggetti criticati che a sbagliare sono loro e non altri. Soprattutto, ancora, torna difficile capire perché queste situazioni – secondo i critici negative – vengano rispolverate solo o soprattutto in vista di eventi sportivi, Olimpiadi in testa.
Un ripescaggio tradizionale quando per anni o – se del caso – per secoli le stesse situazioni siano state sostanzialmente tollerate senza particolari clamori. Magari non accompagnate dal silenzio assoluto ma solo con qualche sommessa e cauta presa di posizione con preferenza per il solito discorsetto di prammatica al termine del quale gli opposti rappresentanti fa puntualmente seguito la tradizionale e sempre calorosa stretta di mano di fronte alla quale qualsiasi gelo si scioglie quasi vergognandosi di essere apparso. Ma non appena l’olimpionico fuoco partorisce le prime faville ecco sgranarsi il puntuale rosario di lagnanze variamente impostate.
Vero è che per criticare stonature può tornare utile sfruttare ogni occasione ma è più difficile capire perché si debba sempre oltrepassare il confine dello sport che dovrebbe sembrare meno logico da varcare.
Meglio al di là di tutto unirci alla speranza di uno che raramente sbaglia affermando “che sia una vera festa di sport e di amicizia”. Si chiama Francesco.
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