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Ambiente

GIÙ LA PALAZZINA LIBERTY

ARTURO BORTOLUZZI - 31/01/2014

Antica mappa di Gallarate (da http://legambientegallarate.wordpress.com/)

La tutela del territorio e le sue presenze storiche e artistiche. Ho scritto al sindaco di Gallarate, e per conoscenza al presidente del Consiglio dei ministri, al presidente della Regione Lombardia, al Soprintendente ai beni architettonici per chiedere loro un intervento a tutela del territorio e per innescare procedimenti legislativi finalizzati ad applicare i principi di cui agli articoli 1 e 9 della Costituzione italiana. Questi articoli statuiscono come la Repubblica debba tutelare il patrimonio storico, architettonico, paesaggistico e artistico innanzitutto per rappresentare e celebrare il nuovo sovrano cui il patrimonio deve appartenere: il popolo che non può mancare degli strumenti necessari a difenderlo e a valorizzarlo.

La Soprintendenza ai beni architettonici della Lombardia costituisce un valido ‘controllore’ della integrità e della valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici italiani? Io ho seri dubbi su ciò, visto anche quanto è successo a Varese in passato e in quest’ultimo mese alla ex caserma Garibaldi e al castello di Belforte e, ora, a Gallarate in piazza San Lorenzo, dove è stata abbattuta una palazzina liberty per il cui mantenimento si erano spesi in più occasioni sia Amici della Terra Varese che Legambiente Gallarate.

Le richieste delle associazioni volte a proteggere l’edificio liberty non sono state tenute in conto dalla politica. Le associazioni malgrado fossero supportate da una folta schiera di gallaratesi (ricordati dal sindaco sui quotidiani locali nei giorni passati) non hanno potuto trovare nelle leggi vigenti strumenti necessari a intervenire a tutela delle proprie ragioni.

Resta, a memoria dei posteri, il giudizio estremamente negativo su questo abbattimento da parte del corpo sociale, che palesa ancora una volta l’incapacità della politica di riuscire a comprendere come sia possibile mettere a frutto le preesistenze che ogni territorio in Italia ha la grande fortuna di possedere e anche quella di poter valorizzare, quindi la mancanza di strumenti attraverso cui il popolo possa intervenire a salvaguardia delle sue ragioni.

I beni culturali non possono essere vissuti come un incomodo di cui la politica può sbarazzarsi al più presto per poterli sostituire con il nuovo. Devono, invece, essere utilizzati per portare ricchezza al territorio che li ospita; devono essere messi a sistema con altri che abbiano simili caratteristiche e devono essere collegati con alberghi, ristoranti, sistemi di trasporto…

Pratiche politiche, certamente, di non facile attuazione ma possibili con un forte impegno e alta visione da parte degli amministratori. Molti paesi, che hanno minore ricchezza di quella che noi italiani possiamo disporre, lo hanno, infatti, fatto – e lo stanno facendo – sia a vantaggio di un turismo interno sia di un turismo esterno.

L’ho già scritto. Disponiamo di un patrimonio di grandissimo valore, quello culturale, immerso, poi, in uno paesaggistico di stupefacente pregio. Ebbene, siamo gli unici, noi italiani, che non riusciamo a far fruttare questi ingenti patrimoni di cui abbiamo la fortuna di disporre.

Non ci limitiamo, però, solo a questo: quale ulteriore beffa, distruggiamo le preziosità che abbiamo, con decisioni politiche di cui proprio non comprendiamo il senso e lo scopo.

Dobbiamo fermare questa mattanza (decisa al chiuso dei Palazzi pubblici), cui assistiamo, come cittadini, da anni senza avere gli strumenti per intervenire a bloccarla.

Occorre rendersi conto che il sistema legislativo abbisogna di correzioni e che devono essere trovati sistemi perché venga applicato una volta per tutte l’articolo 9 della Costituzione italiana assieme all’articolo 1 sempre della Costituzione.

Con ragione posso, dunque, parlare (citando Salvatore Settis) di Costituzione incompiuta. Controllori della politica dobbiamo essere, in primo luogo, noi cittadini che per la Costituzione italiana siamo i primi a dover controllare l’integrità dei beni storici e paesaggistici nazionali.

Va così innovato, tenendo conto di ciò, il procedimento amministrativo, attuando quanto proposto in sede statale dalla Commissione Nigro che ha voluto dare, finalmente, alla società civile come ai cittadini interessati, un potere di intervento; di poter proporre il ricorso per il cambiamento di decisioni politiche incomprensibili. Potere, che ora manca, a meno di spendere somme proibitive per poter ricorrere al tribunale amministrativo.

Quanto stabilito dalla Commissione Nigro è solo rimasto sulla carta al chiuso di qualche cassetto. La disciplina italiana – generale e di settore – in materia di partecipazione, a causa dell’assenza di un approccio ordinato e sistematico al tema della coinvolgimento dei cittadini alle decisioni amministrative, si presenta, perciò, fortemente inadeguata. Soltanto alcune regioni, si sono dotate di normative più avanzate, la cui applicazione, tuttavia, è ancora in fase sperimentale.

La disciplina generale contenuta nella Legge 241 del 1990 non prevede alcun tipo di partecipazione informale basata sull’audizione orale (che pure era contemplata nello schema Nigro) e non offre altro modo di intervenire, se non attraverso il deposito di memorie scritte. La partecipazione del privato nella fase istruttoria è, dunque, a tutt’oggi, da considerarsi una vicenda, non solo, soggetta a rigorose regole formali, ma essenzialmente “cartacea”, come tale, non in grado facilitare un efficace confronto tra privato e amministrazione decidente.

Tale disciplina è, inoltre, relativa ai soli procedimenti volti all’adozione di atti individuali, in ordine ai quali la partecipazione è riservata a coloro che hanno un interesse specifico. Sulla base dell’art 13 della L. 241 del 1990, sono espressamente esclusi, infatti, i procedimenti amministrativi di interesse collettivo. In relazione ai procedimenti destinati a concludersi con l’adozione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, dunque, i soggetti eventualmente interessati sono impossibilitati dal presentare osservazioni o proposte ai sensi della disciplina generale sulla partecipazione. Anche volendolo le associazioni e i cittadini non potevano intervenire

La scelta del legislatore desta particolare perplessità se si considera che le esigenze partecipative sono massimamente avvertite proprio nel corso di quei procedimenti, in materia di tutela dell’ambiente e in materia urbanistica, che si caratterizzano per il forte impatto sull’ambiente e, dunque, per l’idoneità a spiegare i propri effetti sull’intera collettività.

Non stupisce, ancora, che il disegno di legge generale sul procedimento amministrativo elaborato dalla Commissione Nigro nel 1984, pur contenendo una disposizione analoga, rendesse soggetti all’effettuazione di una istruttoria pubblica, la maggior parte degli stessi procedimenti (quali i procedimenti di pianificazione urbanistica, i piani paesistici e gli atti programmatori volti alla localizzazione di centrali energetiche).

Alla luce di queste considerazioni, come ha più volte detto e scritto il professor Sabino Cassese, giurista e giudice costituzionale, la Legge n 241 del 1990, che pur ha costituito ‘una delle più importanti innovazioni nella storia della disciplina legislativa dell’amministrazione’, si presenta, ormai, oggi, come ‘una legge carente, debole, superata’.

Premesso tutto ciò, ho chiesto al Sindaco di Gallarate di indire un consiglio comunale aperto per mettere a dibattito le proposte di cui sopra, inviando una specifica richiesta al Presidente del Consiglio perché possa promuovere una specifica Legge statale, ovvero, in alternativa, al Presidente della Regione Lombardia per richiedergli di approvare una Legge regionale specifica, come avvenuto in Toscana, in Basilicata, in Piemonte, in Friuli-Venezia Giulia.

Al Sindaco di Gallarate, stanti le sue perplessità sull’abbattimento dell’edificio liberty e sulla sua impossibilità di bloccarlo, ho chiesto, dunque, di promuovere una nuova democrazia degli attuali procedimenti amministrativi, traendo ispirazione dal caso pratico della decisione riguardo l’abbattimento della palazzina ‘liberty’ di Piazza San Lorenzo nel suo Comune.

Il Sindaco di Gallarate potrebbe, poi, se volesse, essere un punto di riferimento per approfondire i temi sollevati, facendo un apposito convegno (che caldeggio) cui invitare, per esempio, i giuristi citati e i molti altri, che anche in ambito internazionale, hanno studiato come possano sussistere e essere congegnati gli strumenti perché le esigenze partecipative del terzo settore e, più in generale, della collettività, siano soddisfatte e siano tempestive ed effettive.

Quello che manca alla politica oggi – e che neppure viene da questa riconosciuto – è la strategia, la visione di prospettiva, la progettualità, la alternativa al guadagno facile e immediato.

La mancanza di valorizzazione dei nostri beni culturali e anche il numero decrescente di studenti che possano studiarli e illustrarli relegano l’Italia in fondo nella classifica dei paesi UE.

Confido che il sindaco abbia manifestato la sua indignazione con serietà e voglia essere protagonista di un’azione innovativa e esemplare.

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