Il quotidiano nazionale più diffuso dedica una inchiesta a puntate sulla capitale. Sporca, caotica, insicura: la caduta di Roma, città senza governo” è il titolo. Seguendo il filo che fu de l’Espresso oltre cinquantotto anni fa, “Capitale corrotta, nazione infetta”, il giornale milanese inanella una serie di questioni irrisolte che anche i lettori di RMFonline che seguono questa rubrica ormai conoscono.
Il traffico caotico: la città, dopo Catania, è quella con il maggior numero di automobili in rapporto alla popolazione. 67 ogni 100 residenti. Di contro la rete di trasporto pubblico locale è la più costosa e più inefficiente. Per fare un esempio, la rete metropolitana è di soli 37 chilometri contro i 408 di Londra, i 282 di Madrid, i 211 di Parigi e così via
Il rapporto drammatico centro-periferia. Tra il 1993 ed il 2008 sono stati resi edificabili oltre 5000 ettari di terreno agricolo e coperti di cemento. Sono nati così interi quartieri dormitorio mal collegati e senza servizi. Intanto nel ‘centro’ ci sono almeno 245mila abitazioni vuote. Un abitante su quattro (dati condono 1985) ha denunciato un abuso edilizio.
La sporcizia: anche se si sorride a imbattersi nelle vie intorno al Pantheon in targhe di marmo del Settecento che sanzionano pene corporali a chi butta immondizia per strada, ogni romano produce 660 chili di rifiuti l’anno. 113 più di Napoli,127 più di Milano, 200 più di Trieste. La recente chiusura della discarica di Malagrotta al centro di una inchiesta della Procura che apparenta nella truffa e nelle tangenti giunte di destra a quelle di sinistra (per ammissione degli stessi indagati) si traduce in una affannosa ricerca di siti alternativi e trasferimenti fuori regione con annesso aumento delle tariffe, accumulo di sporcizia come ha testimoniato durante le feste di Natale la foto che ha fatto il giro del Paese: maiali intenti a grufolare in via Boccea tra i sacchi non raccolti di immondizia.
L’abnorme macchina comunale. A fronte di problemi del genere ci si aspetterebbe una risposta delle ‘istituzioni’, come si ama dire, degna di questo nome. Invece la macchina comunale che, con le municipalizzate, ha 56mila dipendenti, diecimila in più di tutti gli operai della Fiat, è lenta, inefficiente, in perenne rischio default. La più grande fabbrica di stipendi del nostro Paese è una gigantesca e costosa macchina clientelare piuttosto che strumento di servizi al cittadino. Le nostre tasse locali invece sono tra le più alte. L’addizionale Irpef al massimo. Se l’amico Vedani raccontava dei pochi euro per la Mini Imu pagati a Varese, posso controbattere che a Roma per un appartamento di medie proporzioni, ho dovuto versare 160 euro.
E si potrebbe continuare. In un recente libro “L’Italie, Rome et noi” Philippe Ridet, corrispondente per Le Monde dalla capitale, elegge il mercatino natalizio di Piazza Navona a emblema della città. La folla che assiepa quelle bancarelle, sempre uguali e prive di attrattiva, compie un rito privo di senso (e oltretutto costoso). Ogni anno i romani si recano in processione a comprare i soliti dolciumi, i brutti giocattoli, a far fare il giro ai figli con l’immutabile certezza della ripetizione. Così come per la gita fuori porta al Primo Maggio o la domenica d’estate a Ostia, i genitori che portano i figli a Piazza Navona sono quelli che erano stati portati da mamma e papà eccetera. Come non ripensare alla Roma monumentale ma immobile celebrata dal film di Sorrentino che ora in tanti torniamo a vedere? L’umanità che anima il palcoscenico di struggente, languida, immortale bellezza, galleggia sulle sabbie mobili della fatica quotidiana del vivere. Ma ormai arresa e convinta che, in fondo, sarà sempre così… come i trenini di Jep Gambardella “che non vanno da nessuna parte”. Un bel problema.
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