Ha suscitato qualche sorpresa l’espressione, usata nel messaggio papale per la XLVIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che definisce Internet come un “dono di Dio”. In verità la cosa non sorprende, perché la Chiesa è da sempre interessata a tutto ciò che riguarda la comunicazione, soprattutto nella prospettiva di sviluppare una vera cultura dell’incontro tra gli uomini, nella convinzione che “comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra noi”.
Questo Papa non è un particolare tecnico dei nuovi linguaggi mediatici, ma è un appassionato comunicatore della Verità, mosso dall’indomabile desiderio di incontrare ogni uomo spingendosi con coraggio fino “nelle sue periferie più lontane”. Il contenuto di questo messaggio identifica nell’ambiente digitale il luogo forse più universale in cui è possibile incontrare uomini di tutte le culture e di tutte le razze, intrattenendo dei rapporti che rendono il mondo molto più piccolo grazie all’accesso a informazioni pressoché su ogni cosa in tempo reale.
Il Cristianesimo è per sua natura un fenomeno capace di incontrare la singolarità irripetibile della persona con un linguaggio che investe tutte le culture, soprattutto quando utilizza canali comunicativi che unificano il mondo creando ad esempio un ambiente di connessione condiviso come linguaggio universale. Come nei primi secoli di vita la Chiesa trovò nella pluriforme unità del mondo romano, nell’universalità del logos filosofico della cultura classica e nella comune lingua latina lo strumento per rendere accessibile a tutti il messaggio di salvezza, così oggi l’ambiente digitale sembra offrire un ambito utilizzabile da culture diverse.
Forse siamo di fronte ad una nuova koinè, cioè ad un orizzonte universale in cui gli uomini possono incontrarsi parlando lo stesso linguaggio, in cui comunicare lo specifico del messaggio cristiano dentro un ambito comunicativo universalmente condiviso. Perciò l’uso di questi strumenti può essere un’occasione unica di conoscenza e di incontro tra gli uomini. Non mancano certamente elementi problematici, come ad esempio l’eccessiva velocizzazione del comunicare e la necessità di non accettare nulla acriticamente, tuttavia non bisogna perdere la possibilità di creare una nuova prossimità, per certi aspetti artificiale, ma che può veicolare anche un incontro reale. La provocazione sta nel riconoscere che la comunicazione digitale può essere strumento di apertura verso il prossimo e veicolo della carità, anche se non sostituisce né potrà mai sostituire la tenerezza dell’incontro personale che valorizza l’io nella sua singolarità unica.
La Chiesa ha sempre guardato con grande attenzione e benevolenza i nuovi strumenti di comunicazione, dalla carta stampata alla radio e alla televisione, sino ai nuovi sentieri del linguaggio digitale e non ha paura di utilizzare ogni strumento che permetta di incontrare l’uomo di oggi, anche se rimane aperto il rischio di una certa spersonalizzazione e di un prevalere di interessi esterni alla relazione che si crea in rete. Quindi, senza demonizzare gli strumenti, il Papa ricorda però che lo stesso concetto di connessione in rete ha il significato di costruire relazioni, partendo da un modo specifico di agganciarsi ad altri utenti. Ciò chiede di passare dalla rete alla relazione, dalla connessione alla comunione, dalla pura presenza sul Web al dialogo appassionato con interlocutori reali e non solo virtuali. L’universalità del mezzo e la sempre maggiore possibilità che la rete offre di interloquire con altre persone può diventare infatti spunto per strappare sé e l’altro dalla solitudine e dall’anonimato, favorendo una originale forma di carità della prossimità.
Naturalmente non basta essere connessi: la sfida è che la rete digitale possa diventare un luogo che trasmette contenuti e non solo una rete di fili legati meccanicamente tra loro. L’opportunità che la rete offre è di essere un nuovo agorà e non una semplice ragnatela da cui si rimane imprigionati, anche se è chiaro che l’ambiente digitale non potrà mai sostituire l’incontro reale con il volto dell’altro. L’occasione è che la rete possa essere inizio di una connessione che spinga verso il confronto tra culture e mentalità diverse, offrendo elementi di conoscenza attendibili.
È certamente una rivoluzione comunicativa di portata planetaria, di cui la Chiesa coglie il senso e il valore, nella consapevolezza che ogni strumento, se ben usato, possa contribuire a svelare la profondità del reale, aiutando la crescita della cultura dell’incontro così cara al Papa.
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