Tra le tante discussioni suscitate dall’accordo Renzi-Berlusconi sulla nuova legge elettorale, quella meno approfondita, anche se più conclamata, è stata senza dubbio quella relativa alla liceità di parlare e addirittura di accordarsi con il “nemico assoluto”.
Non sto a ricordare l’esultanza del “Giornale” o il risentimento di Cuperlo, non mi interessano nemmeno le preoccupazioni dei costituzionalisti o quelle dei segretari dei piccoli partiti; insomma non mi interessa la legge elettorale in sé e nemmeno il futuro della legislatura. È il principio del rapporto amico/nemico che voglio riprendere.
Non è certo la prima volta che succede di allearsi col nemico di ieri e magari anche di domani, la storia, in particolare quella italiana, è ricchissima di esempi, quella europea anche, alcuni molto tragici, basti pensare al patto Ribbentrop – Molotov per la spartizione della Polonia. Non che Alfano, Casini, Salvini o i lacerti di Scelta Civica possano essere paragonati alla povera Polonia e al corridoio di Danzica, non saranno la causa involontaria di tanto conflitto; probabilmente ne saranno le vittime, magari insieme al terzo polo, il movimento pentastellato, tonitruante ma isolato. Quello che colpisce nella presente circostanza è che non si tratta di una nuova alleanza, non c’è nemmeno l’ombra dell’idea che lo sia, né di una semplice tregua, è un modo diverso di condurre una guerra. In fondo la politica, disse von Clausevitz, non è nient’altro che la prosecuzione della guerra con altri mezzi.
Se questa fosse l’ultima parola dovremmo preoccuparci seriamente; certo non dello scatenarsi di una nuova guerra elettorale, svoltato l’angolo dell’approvazione della legge, ci siamo abituati.
Personalmente mi preoccupo di quelle che chiamo larghe approssimazioni alla verità, non potendole chiamare bugie: che l’Italicum nonostante il doppio turno di coalizione metta fine alla “dittatura” (così dicono!) dei piccoli partiti, che il premio di maggioranza massimo del 18% non sia eccessivo, che tante liste bloccate siano molto meglio di un listone solo, che le preferenze siano un invito al voto di scambio con la criminalità, che una maggioranza oscillante tra il 53 e il 55 per cento sia sufficiente a garantire la governabilità… che tutti i guai dell’Italia e nostri dipendano dal sistema elettorale… e che altro?
Mentre scrivo, sento che anche NCD firma la proposta di legge dell’Italicum insieme a PD e FI. Sento che la consultazione online di M5S sceglie il sistema proporzionale. Che significa?
Non posso e non voglio fare previsioni sul futuro, persino Sebastiano me lo sconsiglierebbe. Mi pare però evidente che l’accordo Renzi – Berlusconi abbia avuto come primo effetto il rientro all’ovile, o almeno nell’anticamera, delle pecorelle avventurose, ma che non hanno smarrito la via di casa e che la prima morale della favola è che mi metto d’accordo col nemico per distruggere o ridimensionare o almeno costringere all’obbedienza l’amico recalcitrante. La seconda morale è che M5S, che non vuole avere amici, ma solo nemici e che trovandosi al Senato in una condizione effettiva di non-maggioritario e potendo comportarsi in maniera decisiva come se si fosse trovato in un sistema proporzionale, non ha usato tale opportunità, pretendendo “tutto o niente”, per poi buttarsi ora sul proporzionale, per il quale dovrebbe attrezzarsi con alleanze, cioè decidere di avere amici e non nemici…
Capitoooo?
No? Come no?
Ma forse nemmeno io!
Renzi ha mostrato carisma, non c’è dubbio. E i più svelti si sono adeguati. Gli riconoscono il bipolarismo, prevedono che alla fine vincerà le elezioni, ma lo lasceranno debole, e aspetteranno, sia gli amici/nemici interni, sia i nemici/amici esterni.
Ma la distanza della società politica da quella civile aumenterà sempre più.
Questo è quello che mi preoccupa veramente e non sarà più colpa, principalmente, dei privilegi della casta o della sua ancor più radicata incapacità di prendere decisioni chiare e coerenti con il mandato ricevuto di rappresentare parti omogenee e riconoscibili della società civile.
Da inguaribile nostalgico della cosiddetta prima repubblica, ricordo come una cosa strana quando in certe assemblee pubbliche, per esempio nelle fabbriche in difficoltà (la crisi c’era già, per molti), chi presiedeva cominciava con: “Amici e compagni!” Le appartenenze ideali rimanevano diverse, ma la consapevolezza di operare per uno scopo comune provocava nella stragrande maggioranza rispetto e attenzione. Ma anche quando passò il periodo delle larghe intese di allora, attenzione e rispetto non vennero meno, sebbene il sostrato ideologico della lotta politica fosse la lotta di classe, cioè un presupposto reale, forte, totalizzante. Oggi la base sociale dei diversi partiti è molto più simile, ma nessuno oserebbe iniziare un discorso pubblico con “Amici, compagni, camerati, padani e cittadini!” Ci teniamo dentro tutti quel “nemici” potenziale, quel sospetto universale che generalizza la sfiducia e rischia di trasformarla in reale angoscia sociale diffusa…
Quindi, che cosa proponi? Sebastiano Conformi, renziano dell’ultima ora, ma più ancora Renzino Tramaglino delle ribellioni con juicio, mi riporta terra terra, dicendo: “Almeno quello parla chiaro e fa qualcosa, rompe gli schemi!”.
Rispondo che non posso proporre nulla, il pacchetto è chiuso, prendere o lasciare, è la democrazia di oggi, bellezza! Tutta la proposta e tutta l’azione deve nascere e crescere da un’altra parte, da tutto ciò che viene prima della politica, dove non ci sono nemici, né interi né a metà, e che ha cento nomi diversi: lavoro impresa, educazione, famiglia, sussidiarietà, volontariato, rispetto, vita… e non si finirebbe di trovare nuove ragioni, nuove opportunità, non si deve finire di…
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