Quando al capoluogo vengono uniti nel 1927 i Comuni vicini, Varese si assume la grande responsabilità di gestire un vasto paesaggio di elevato valore, ricco di edificazioni anche recenti sorte verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in un periodo di grande attrattiva turistica e residenziale del territorio varesino.
I Comuni di Sant’Ambrogio, di Santa Maria del Monte, di Velate avevano rilasciato decine di licenze edilizie per la realizzazione di ville che oggi consideriamo sbrigativamente di stile ‘liberty’ che andavano a punteggiare le distese verdi delle nostre colline. Ancora le apprezziamo per la loro discrezione anche se non sempre sono testimoni di raffinate architetture.
Negli anni ’30 del secolo scorso qualche eco dell’architettura razionalista disegnata dai grandi architetti europei e le esigenze espressive del regime producevano interventi ancora oggi riconoscibili per il loro rilievo soprattutto presente nel nucleo urbano del centro cittadino. La loro apparenza ‘monumentale’ mantiene comunque rapporti accettabili con il tessuto edificato adiacente.
Nel dopoguerra, dagli anni ’50 in poi, avviene il disastro. Un piano regolatore permissivo consente altezze degli edifici estranee alla città, provocando offese diffuse. Le aree comprese fra le antiche direttici viarie di accesso diventano edificabili senza regole per il rispetto delle relazioni con l’esistente e le visuali paesistiche.
Se gli spazi pubblici del ‘ventennio’ erano stati realizzati, come piazza Monte Grappa, con una loro coerenza interna e contenuto impatto con l’abitato storico della città, altri, come piazza della Repubblica e le vie adiacenti, venivano aggrediti con una incredibile noncuranza.
È mancato per i decenni successivi, nonostante una migliorata normativa, la consapevolezza del patrimonio ereditato, non è stato messo a punto dagli uffici preposti un metodo di indirizzo della progettazione e di controllo ambientale dei progetti.
Varese deve difendere e valorizzare la sua bellezza.
Nel PGT recentemente adottato si parla di ‘coni panoramici’. Ma occorre verificare per ogni progetto gli ‘orizzonti panoramici’, le ‘vedute panoramiche’.
Il nostro grande e delicato pittore Domenico De Bernardi, innamorato della sua e nostra città dipingeva nel 1934 la veduta che allego di Velate ai piedi di Santa Maria del Monte. L’ingresso all’abitato era semplice. La sua modestia, poesia per l’osservatore.
È accettabile oggi che venga approvato il progetto in esecuzione, che pure allego, che distrugge quella bellezza?
Se fossi un pubblico amministratore interverrei immediatamente per correggere, come è certo possibile, l’esecuzione in corso. E verificherei accuratamente le procedure di controllo oggi in atto nella Commissione paesistica e presso gli uffici competenti al rilascio delle autorizzazioni.
Il destino di questa città è affidato, voglio ripeterlo, anche alla sua bellezza.
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