Mi scuso con i lettori di RMFonline se questa volta rischio di andare “fuori tema” rispetto agli usuali contenuti della mia rubrica, ma non resisto alla tentazione, da medico e da varesino, di comunicare alcune considerazioni riguardo al tema del Pronto Soccorso dell’ospedale di Varese, che è tornato in questi giorni prepotentemente alla ribalta delle cronache locali, in seguito alla visita a sorpresa effettuata dall’Assessore alla Sanità della regione Lombardia, Mario Mantovani.
Se il giudizio espresso da Mantovani al termine della sua visita, quando ha parlato di “una situazione non degna per un ospedale della Lombardia”, si riferisce alla cosiddetta barellaia, cioè al fatto che solitamente un numero considerevole di pazienti debba rimanere in Pronto Soccorso per un tempo prolungato in attesa del posto letto, è un giudizio certamente condivisibile.
Ma come ho avuto modo di scrivere già in un’altra occasione, questo non è un problema dovuto ad una disfunzione del Pronto Soccorso, ma è la conseguenza di una inadeguata ricettività da parte dei reparti di degenza ed è quindi a questo livello che va risolto.
Tale giudizio risulterebbe invece fuorviante se fosse applicato al Pronto Soccorso in quanto tale, che costituisce invece una struttura sanitaria di eccellenza. Ne è prova il fatto, come ha constatato anche l’Assessore, che vi affluiscono pazienti provenienti dai bacini di altri ospedali della provincia, proprio perché attirati dalla qualità della assistenza che viene fornita.
Riguardo alle possibili soluzioni avanzo una proposta: perché non utilizzare finalmente anche il reparto di terapia subintesiva, che si trova al primo piano del nosocomio varesino, e che non è mai stato attivato?
A questo punto il livello di governo regionale della sanità deve dimostrare di saper prendere delle decisioni, che non possono essere lasciate esclusivamente ad una riorganizzazione interna, se il problema è anche quello delle risorse disponibili.
A proposito di utilizzo adeguato di risorse, cosa si aspetta a trasferire le poche decine di letti di riabilitazione rimasti confinati in quel di Cuasso al Monte al Macchi, dove gli spazi certo non mancano?
O dobbiamo attendere che il Presidio di Cuasso al Monte si “spenga lentamente” di morte naturale, perché nessuno ha il coraggio di prendere una decisione?
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