Le lacrime, storiche lacrime d’un ministro donna, hanno tenuto a battesimo il difficile debutto del governo Monti alla prova della manovra. Tutto forse si sarebbe aspettato il professore dall’aria mitteleuropea – sottolineata in positivo da uno dei predecessori, Amato – ma non la commozione di quel suo ministro che con estrema chiarezza stava illustrando alla stampa le difficoltà dei meccanismi di aggiustamento del sistema pensionistico. Elsa Fornero, docente universitaria e ministro del Welfare, è caduta sulla parola sacrificio: e ha buttato lacrime vere, ha cercato il fazzoletto, la parola spezzata in gola, i begli occhi intelligenti doppiamente smarriti nel viso garbato e leale, per lo scivolone emotivo e il disturbo dato al premier e ai colleghi. Ma, apriamo una parentesi retorica, può piangere un ministro nell’ufficialità delle sue funzioni?
Certo è successo, anche di recente: ricordiamo le lacrime della Prestigiacomo, per esempio.
Ma ci sembravano altre lacrime, chiusa parentesi.
S’è detto per quel sacrificio richiesto: di chi avendo il potere di fare del bene è invece costretto a castigare, a domandare a chi già si è troppo domandato, a spiegare che se così non si fa si va sotto. E questo è certo il principale motivo della commozione. Ma il ministro ci è parso anche stanco, il viso tirato. E non per il lifting. Il governo Monti ci ha finalmente liberati anche da zigomi gonfi, labbra a canotto, nasi e occhi rifatti. E ha chiesto ai suoi membri ritmi intensi, una dedizione totale al capezzale di un Paese in grave pericolo e sguardo sincero per guardare diritto e davanti a sé.
Le rughe vere della Fornero parlavano di ore di sonno perse, di impegni di donna cancellati, e rivelavano il segno di una dignità, di una umanità e autenticità divenute merci ormai rare in certi alti consessi.
Quando Monti ha accettato l’incarico – cosa da far tremare i polsi, qualcuno ha detto – con l’orgoglio di poterci aiutare ad essere tutti più orgogliosi del nostro Paese di fronte al mondo, ha sottolineato, non era una qualunque battuta, la bellezza della giornata. Perché era la visione di uno sguardo limpido. A noi pare che anche le inattese lacrime della Fornero segnino l’inizio di una nuova vita politica, di un’aria più pulita, di un cielo migliore. Dopo anni di orizzonti nebbiosi di questo avevamo bisogno, d’un lavacro sincero.
Ricordate la pioggia benefica sul lazzaretto nei Promessi Sposi?
Avvertiamo tutti la necessità di sperare, di guardare finalmente ad altri valori.
E la smetta qualcuno di tirar fuori finti rimedi per un ‘Italia che “è finita”, rispolverando le oasi di pollai paesani ancora imbrattati dal becchime di chi ci ha razzolato. Chi ha guidato quella locomotiva ferma sull’orlo dell’abisso, che finalmente qualcuno ha accettato di condurre, impegnandosi a tenere il comando con polso fermo tra le proprie mani? Chi l’ha portata sul binario sbagliato? La storia di questi anni non è scesa su di noi come il deus ex machina, qualcuno l’ha indirizzata con le proprie scelte o negligenze, con la promozione, o l’assecondamento colpevole, di una politica svenduta all’ interesse e alla demagogia a prezzi di saldo. Ma l’Italia no, l’Italia non è finita.
E le lacrime del ministro sono il sentimento sofferto di un sentire civile, responsabile, e insieme, garbato, umile – sì umile – cioè scevro da beffarde sicumere, da ridicoli e non onorabili patti che hanno tenuto il Paese in scacco, non solo psicologico, per anni, con le conseguenze che sappiamo. Fornero si è scusata con Monti, il premier l’ha rassicurata, ha preso lui la parola, le ha detto: commuoviti pure però correggimi. E ha continuato con l’aria di un professore dai capelli bianchi che vuole bene alla sua scuola, che sa che gli esami non finiscono mai e le delusioni non sono ammesse, soprattutto se provengono da chi sta seduto in cattedra. Nello stesso incontro ha comunicato la sua rinuncia al compenso economico per quell’incarico difficile che non ha declinato, di premier e anche di ministro dell’economia .
Rinuncia e buon esempio, speranza, sfida del domani, orgoglio del proprio Paese e umiltà nel servizio, da ministri veri. Sono i valori messi avanti da questo nuovo governo che guarda a noi, ma all’intera Europa, con occhio di assoluta responsabilità. Non erano queste le parole che aspettavamo di sentirci dire da qualcuno?
A noi sembra che anche il Paese debba allora fare squadra, recuperando il proprio orgoglio, dando una picconata a quell’immagine di italiani furbetti e individualisti, di incurabili cicale che gli stranieri tanto si divertono a cucirci addosso. Non abbiamo ancora dimenticato l’inopportuna, superficiale strizzatina d’occhi di monsieur Sarkozy alla Cancelliera, non ci è piaciuta e non la dimenticheremo.
L’avviso suonava tanto più stonato non arrivando dal pulpito giusto.
Gli italiani in verità sono – noi italiani siamo – ben altro, come Monti sta provando a fare intendere al mondo, oltre che ai diretti interessati. I momenti più duri della nostra storia, facciamo mente locale, sono quelli che abbiamo saputo meglio affrontare, vincendo l’idea di chi guardava all’Italia come a un paese diviso e deriso. È l’ora di ricominciare a scommettere su noi stessi. Con umiltà, partendo anche dalle richieste di sacrifici e dalle lacrime di un ministro.
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