La terra non ha parole per dirsi o raccontarsi, sono gli uomini a farlo e la Terra non può che ascoltare, subire, fiorire o morire sotto i colpi della scure. Ed è innegabile che tra gli speculatori in edilizia e i contadini (oggi chiamati agricoltori), chi ha avuto maggior rispetto per il territorio e la natura sono sicuramente i secondi. Così sono nate le case, i quartieri, i castelli, gli stadi, le città e le metropoli coi grattacieli, a volte in equilibrio e in armonia con la natura e altre poco rispettose dell’ambiente.
La Terra non pone attenzioni a se stessa, mentre l’uomo lo fa nella misura che gli interessa, ma la natura ha una sua forza intrinseca che è indipendente dall’uomo, a volte imprevista, imponderabile, spesso tragica e matrigna. Si pensi alle alluvioni, ai nubifragi, seguiti o preceduti da caldi torridi o devastanti siccità. Ricordo a tale proposito che nella mia casa paterna nella più profonda pianura padana, v’era appeso il lunario di Barbanera utilizzato soprattutto dai ceti rurali, che ne apprezzavano le previsioni del tempo e i consigli per l’agricoltura. L’indicazione delle festività, le ricorrenze dei santi, i consigli e i proverbi ne fecero – appeso in cucina o nella stalla – un indispensabile strumento per le attività domestiche quotidiane.
Ricordo che a Sant’Andrea festa del mio paese o andando per fiere e mercati al foro Boario di Padova o a Piove di Sacco, il Barbanera veniva venduto da cantastorie e da ambulanti, fin dal mese di settembre. La sua ampia diffusione ne fece, con i “foglioni” e altre pubblicazioni di interesse popolare, uno strumento di divulgazione della lingua italiana. La grande popolarità dell’almanacco è dimostrata dal suo ricorrere in romanzi e saggi, citato spesso come lettura prediletta o presenza consueta nel quotidiano di personalità illustri e personaggi letterari come D’annunzio, la cui collezione del Barbanera è ancora oggi conservata al Vittoriale: che così ne scriveva il poeta “… La gente comune pensa che al mio capezzale io abbia l’Odissea o l’Iliade, o la Bibbia, o Flacco, o Dante, o l’Alcyone di Gabriele D’Annunzio. Il libro del mio capezzale è quello ove s’aduna ‘il fiore dei Tempi e la saggezza delle Nazioni’: il Barbanera”.
Ci sono due letture che sicuramente mancano nella libreria di chi ha redatto e “approvato” il recente PGT il primo è sicuramente “La religione della terra” di Wangari Maathai (Sperling e Kupfer), scrittrice keniana Nobel per la Pace nel 2004 Messaggero di Pace per le Nazioni Unite nel 2009, e fondatrice del Green Belt Movement. “Per chi ama la terra, sostiene Wangari, dobbiamo aiutare la terra a guarire, e così aiuteremo noi stessi. Se ci impegniamo per recuperare o salvare ciò che è andato perduto, per esempio con la rigenerazione di foreste e boschi degradati, il pianeta ci aiuterà a curarci e persino a sopravvivere”. (Noi invece li togliamo non appena possibile, vedi il parcheggio della Prima Cappella, ndr).
“Dopo alcuni anni mi sono resa conto che i nostri sforzi non consistevano solo nel piantare alberi, ma erano volti anche a spargere semi di un altro tipo: quelli necessari a curare le ferite inflitte alle comunità, depredate della loro autostima e della consapevolezza di sé”. Così la difesa della natura si fa portatrice di messaggi di pace e uguaglianza. Iniziare a intervenire su questioni di governo e diritto, sfidando il potere costituito, intento a distruggere l’ambiente mettendo in pericolo i cittadini, è un passaggio venuto da sé, reso possibile dalla determinazione della fondatrice e dei colleghi, ma anche grazie al sostegno finanziario di altri Paesi dell’Europa e degli Stati Uniti, dimostratisi sensibili al progetto che si basa si basa su quattro principi fondamentali:
Amore per l’ambiente: quello pratico, riscontrabile nello stile di vita e nelle azioni positive quotidiane del singolo individuo.
Gratitudine e rispetto per le risorse della Terra, rilanciando “la regola delle tre R”, Ridurre, Riusare, Riciclare e tenendo in grande considerazione tutto ciò che la Terra dà, senza alcuno spreco.
Autopotenziamento e automiglioramento perché il potere di cambiare è dentro ciascun individuo ed è importante sapere di poter migliorare la propria esistenza attraverso la forza della fiducia in sé e la propria energia.
Spirito di servizio e volontariato. Chi aderisce al movimento utilizza il proprio tempo e le proprie risorse al servizio dell’ambiente e degli altri, alla ricerca di una collaborazione collettiva per un miglioramento comune.
Il secondo volume che anche questo sicuramente mancherà nella libreria di alcuni eminenti esponenti politici (non tutti) consigliati più dai costruttori ( non tutti) che da una buona architettura ( non tutta ) porta lo stesso titolo: “La religiosità della terra” di Duccio Demetrio (Ed. Cortina) che ha insegnato filosofia dell’educazione all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Questo libro, così come recita la scheda di introduzione libraria, non è una devozione neo pagana e nemmeno un culto. È un modo di sentire umano tra i più immediati e istintivi. È meraviglia, commozione, sgomento, dinanzi alla natura e al suo manifestarsi in forme molteplici e discordanti: bellezza sublime, supremazia, indifferenza. Sia il credente sia il non credente, dinanzi alla natura, non possono che provare identiche emozioni. Per questo oggi è necessaria una comune fede civile, un’alleanza feconda nella custodia del mondo, tra tutti coloro che intendono opporsi alle aggressioni, alle negligenze, ai saccheggi indiscriminati contro la nostra Terra che, da madre, si rivela sempre più figlia.
Nel nostro piccolo dobbiamo difendere parchi e giardini cercando di porre attenzione alla educazione sentimentale verso la terra, come luogo di conoscenza e d’aggregazione, così come è capitato a noi quando eravamo bambini quando il nostro punto d’incontro era un prato, un giardino, un balcone dove i dogmi e le preghiere non erano che semplici giochi, oggi i rimpianti dell’età adulta. Quando mi proposero di concorrere a diventare sindaco di Varese con una lista civica, la condizione primaria era che fosse abolito l’assessorato all’Urbanistica, e istituito quello alla “Ristrutturazione e al Paesaggio”. Non l’accettarono.
Io credo fermamente ci sia un modo per farsi ricordare dai nostri figli: avere difeso i diritti Umani e la Terra o non averlo fatto.
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