La Spagna è di fronte alla Storia, quella con la “S” maiuscola. Il compito decisivo è di chiudere con un gesto sostanziale e definitivo, l’imbarazzante presenza dei resti mortali di Francisco Franco, il Caudillo, il sanguinario dittatore, morto nel 1975 dopo trentasei anni di ininterrotto potere, dal mausoleo della “Valle de los Caidos” dove riposano i caduti di entrambe le parti della guerra civile 1936-1939. I franchisti, in tombe regolari, con nome e cognome; i repubblicani in fosse comuni indefinibili nella loro identità.
Togliere Francisco Franco costituirebbe il passo in avanti che la Spagna democratica (Casa reale compresa) vuole e che l’ex premier Josè Rodriguez Zapatero aveva imposto con la legge “della Memoria storica” che avrebbe dovuto non solo chiudere l’immane tragedia, ma restituire l’onore ai combattenti della libertà, fra cui i seicento volontari italiani antifascisti delle Brigate Internazionali e della “Brigata Garibaldi” di Longo, Nenni, Pacciardi, Rosselli, Valiani, caduti in combattimento accorsi per salvare la democrazia dall’Alzamiento del “Tiercio” dei generali golpisti il 18 luglio 1936.
Riuscirà la Spagna nell’impresa? La Commissione di dodici esperti nominata dal governo uscente con un voto a maggioranza di nove commissari contro tre ha stabilito che la soluzione ideale per trasformare il Mausoleo, costruito da Franco per la sepoltura di Josè Rivera, fondatore della Falange Spagnola e di altri 33.872 combattenti franchisti, in un luogo caro ad entrambe le parti, una forma di riconciliazione sostanziale di una ferita non del tutto rimarginata, sarebbe quella di esumare i resti del “Caudillo” tumulati nel 1975, all’atto della morte, e restituirli alla famiglia perché li riponga in altro luogo, un cimitero od un’altra chiesa. I tre Commissari dissenzienti hanno motivato la loro scelta contraria perché “nella realtà spagnola l’esumazione contribuirebbe a dividere e radicalizzare l’opinione pubblica”. Ragioni prettamente politiche.
La Commissione governativa ha valutato comunque “non vincolante” il desiderio della famiglia che con la figlia Carmen ha già più volte espresso la sua avversità ad un trasferimento, pur prendendo atto che il Mausoleo fa parte di un luogo di culto per cui “l’ultima parola spetterà alla Chiesa”.
A questo punto il discorso si fa molto più complesso perché soprattutto l’alta gerarchia ecclesiastica iberica non sempre ha dato prova di aver superato con chiarezza e determinazione quel muro che la divide da un passato dove, a parte rarissimi casi, ebbe a schierarsi con forza dalla parte di chi, mutuando le parole dell’ex ambasciatore Sergio Romano, notista del “Corriere della Sera”, anni fa, nella prefazione di una pubblicazione di “Liberal” sulla guerra civile giudicò il franchismo “non una forma di fascismo” e il “Generalissimo” “un politico lungimirante che salvò la Spagna e l’Occidente dal comunismo”. Lettura strumentale che mette addosso i brividi.
La vicenda appare comunque spinosa e la recente “raccomandazione” dei Commissari, nominati nel maggio scorso, insigni professori universitari, giuristi, storici e studiosi delle scienze politiche, impegnati per sei mesi a dibattere sul tema, giunta con due settimane di ritardo sul tempo fissato per non condizionare in alcun modo il voto del 20 novembre che ha aperto le porte al popolare Mariano Rajoy, ha scosso le coscienze popolari.
La Spagna è in fermento, si può dire dal 2007, quando una legge stabilì di rimuovere in tutto il Paese qualsiasi simbolo ancora presente legato alla dittatura, statue di Franco, stemmi araldici, nomi di strade, steli e monumenti equestri. Non solo. Occorreva al più presto avviare la ricerca delle fosse comuni dove erano stati gettati, senza identificarli, i corpi dei miliziani che si batterono contro i franchisti e i “mori” del “Tiercio” per difendere l’aggredita Repubblica spagnola, frutto delle elezioni del 1931 (il caso del poeta Garcia Lorca, fucilato nei contrafforti di tufo di Granada, da pochi giorni ricostruito in ogni particolare dal best seller “Le ultime tredici ore di Garcia Lorca” di Miguel Caballero per “La Esfera de Los Libros”, Madrid, è il più noto).
Se il Mausoleo eretto da Franco doveva celebrare la sua vittoria nel 1939 ricordandola alle future generazioni, la legge Zapatero, una battaglia di principio, aveva cercato di invertire la rotta. Il Mausoleo doveva essere di tutti i caduti, compresi i trentamila “desaparesidos” repubblicani sepolti assieme ai loro carnefici, essendo impossibile riesumare tutti i resti e dare loro un nome.
Il progetto della Commissione prevede un Memoriale per tutte le vittime e inoltre la fondazione di un Centro di accoglienza dove poter narrare ai visitatori la storia di quella guerra d’aggressione e soprattutto la straordinaria prova di solidarietà di chi, da tutto il mondo, dagli Stati Uniti con la “Brigata Lincoln”, al Messico, all’Inghilterra, all’Urss, alla Francia, alla Polonia, alla Confederazione Elvetica, all’Italia (molti i varesini nella Brigata Garibaldi, uno per tutti il trentottenne comandante lavenese Mario De Ambroggi, un operaio ceramista), ecc. ecc. mise in gioco la vita per la Repubblica Democratica.
L’esito del progetto, voluto da chi esce per propria scelta dalla scena politica, è ora oggettivamente in bilico. Torna al potere il centro-destra e molti azzardano che il neo premier Rajoy sia tentato di archiviare il tema per non disturbare gli estremismi sempre in azione (un mese fa la stele, innalzata a Madrid dall’Associazione Italiana Combattenti Volontari di Spagna, è stata oscenamente lordata con la scritta in vernice rossa “Asesinos”) anche se riuscire a percorrere sino in fondo il tragitto-Zapatero, potrebbe costituire la prova di uno “strappo” della destra spagnola dai legami con la dittatura franchista, Chiesa permettendo, in parte ancora fortemente legata a quel tragico passato. Basti riandare alle centinaia di cappellani militari franchisti beatificati, a sorpresa, da Giovanni Paolo II° un quindicennio fa, un’iniziativa che scombinava, se non gli equilibri del cielo, certo quelli di una rilevante pagina di storia dove la violenza barbara dei nazionalisti di Franco, con il decisivo aiuto di Hitler e di Mussolini, aveva seminato morte e distruzione (Guernica del 1937 per esempio) mentre nel contempo uccideva la democrazia.
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