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Cultura

ORNELLA, LA RAGAZZA DELLA CANZONE ITALIANA

MANIGLIO BOTTI - 10/12/2011

 

Prima c’erano Mina e la Vanoni. Poi le altre: Milva, Gigliola, Rita, Caterina, Orietta, Iva, Patty… Il posto di preminenza Ornella Vanoni l’ha meritato per la sua storia. Le è stato assegnato in sorte, avendo cominciato ad attraversare la canzone italiana (e anche il teatro) fin dalla metà degli anni Cinquanta del Novecento. Ma a leggere la sua autobiografia – “Una bellissima ragazza”, pubblicata in queste settimane da Mondadori e scritta a quattro mani con il giornalista Giancarlo Dotto – si ha quasi l’impressione che si tratti di un programma di lavoro, più che di un bilancio.

Per nulla contrariata dall’incedere del tempo, ma anzi ilare e allegra nonostante – ha confessato – nel corso degli anni abbia dovuto più volte combattere contro il mostro della depressione, la signora Vanoni è venuta a presentare il suo libro a Varese, invitata da Mauro della Porta Raffo, entrato in amicizia con lei tramite la figlia dello stesso Raffo, Alexandra, nel tradizionale “salotto” allestito stavolta nella biblioteca civica di via Sacco e nell’occasione gremito da un pubblico di appassionati e anche di vecchi conoscenti. Perché, s’è scoperto subito, il legame di Ornella con la “città dei giardini” è antico nel tempo. Risale agli anni della seconda guerra mondiale, quando la famiglia Vanoni era sfollata a Varese per sfuggire ai bombardamenti che colpivano Milano.

“Chi si ricorda del Tibiletti?”

“C’è qualcuno qui che mi può dire che fine ha fatto il Tibiletti?”.

Salumiere o droghiere che fosse, la citazione da parte di Ornella del personaggio di quella Varese d’epoca (non era certo una Varese felix perché anche la nostra città negli anni Quaranta dovette subire bombardamenti tragici e devastanti) è servita tuttavia a stemperare l’emozione, a incanalare i ricordi e a dare l’aggio al Raffo (cui, almeno all’inizio, la Vanoni s’è rivolta chiamandolo ironicamente con l’intero armamentario di nomi e cognomi che compare nel suo biglietto da visita: Mauro Maria Romano della Porta Rodiani Carrara Raffo di Casa Savelli) di avviare il colloquio:

- Nel libro parli senza reticenze dei tuoi uomini: da Giorgio Strehler a Gino Paoli, e agli “altri”… Lo ami ancora Paoli?

“No, non lo amo più oggi. Ma i grandi amori durano per tutta la vita”

- Quelli della nostra generazione hanno avuto la ventura di avere dei maestri. Una fortuna che i giovani di adesso non hanno più…

 “I maestri ci sono, ma davvero i giovani vogliono imparare? La cultura è curiosità”.

- Che ricordo hai di Bruno Lauzi, un artista che visse per molto tempo a Varese…

“Un grande, un uomo sensibile, un bravissimo traduttore…”

“Dovete sapere – ha continuato Raffo rivolgendosi al pubblico (e al sindaco Fontana seduto in sala) – che nei locali superiori alla cartoleria Villa in via Marcobi hanno stazionato a lungo e lavorato insieme lo scrittore Piero Chiara, Bruno Lauzi, che in quei locali compose la sua canzone “Il poeta”, e anche io modestamente… Lì c’era la sede del Partito liberale italiano… Sarebbe forse il caso di mettere una targa con su scritto qualcosa…”.

Silenzio.

“Beh, almeno una targa che parli di Piero Chiara e di Bruno Lauzi”.

L’incontro è proseguito tra un ricordo e l’altro. Ornella Vanoni – vera signora della canzone italiana – non s’è sottratta all’esame. Con la simpatia, e con la gioia anche, proprie di “una bellissima ragazza”. Parlando in fretta con quel suo timbro basso/alto particolarissimo. Con le parole che cominciano, si intrecciano e in breve si disperdono. E nemmeno s’è tirata indietro quando qualcuno le ha chiesto di improvvisare lì per lì, una canzone: “My funny Valentine”. Ornella ha socchiuso gli occhi e ha regalato, senza musica, la magìa della sua voce.

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