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Cultura

UN SENTIMENTO ANTICO

CARLA TOCCHETTI - 19/12/2013

Narrare il territorio e farlo rinascere: il San Michele a Golasecca.

È solo un rudere oggi. Ma pur abbandonato e oltraggiato, ci racconta di un sentimento antichissimo che lega l’uomo al territorio. È il San Michele. Così viene chiamato ciò che fu chiesa e prima una roccaforte probabilmente longobarda, e forse più anticamente qualcos’altro ancora, visto che a pochissima distanza da qui si trova il Monsorino, dove fiorì dall’età del ferro la civiltà dei golasecchiani.

Un pianoro morenico e balze a picco addolciscono il promontorio proteso sul Ticino a Golasecca: una posizione strategica per presidiare sia l’unico punto di guado sul fiume Ticino, sia la più importante via d’acqua tra regioni del Nord e Mediterraneo, sia la “Mercantera”, la vicina carrareccia che collegava il Verbano alla piana milanese.

Una posizione eccezionale, rivolta a ponente verso il profilo alpino scolpito da tramonti infuocati, ha certamente determinato la vocazione devozionale, e reso il sito protagonista dei maggiori avvenimenti sociali e religiosi avvicendatisi nei secoli. Goffredo da Bussèro (sec. XIII), parlando del San Michele, presume un luogo di culto e sepoltura di guerrieri molto antecedente; la stessa ricorrenza cristiana, festeggiata ai primi di Febbraio, della Purificazione della Madonna, sembra coincidere con l’antichissima Candelora di origini celtiche.

San Michele, pieve di Somma Lombardo, fu retta da varie confraternite fino al 1570 quando San Carlo Borromeo declassò quella di allora, gli Umiliati, a sussidiaria di un’altra parrocchia del borgo di Golasecca. Da allora nell’arco di cinque secoli,la Chiesafu più volte rimaneggiata secondo le variate esigenze. Due cappellette laterali, una per San Carlo e qualche tempo dopo una gemella perla Purificazione della Beata Vergine Maria, la colonna di ringraziamento per la fine della pestilenza, l’oratorio aperto sul cimitero, il campanile più volte riattato, così come le campate del bellissimo porticato. Sul lato nord il muro di cinta venne sottolineato con le quattordici cappelle della Via Crucis e archi posti all’inizio ed alla fine del cammino acciottolato.

La relazione tra questo luogo e le sue genti commuove. Una storia che incuriosisce, emoziona, rende nostalgici. Castello o chiesa che fosse, era di tutti. Era il luogo del cuore per le persone che lo vivevano, incarnava quel senso di appartenenza del territorio, di cui tanti oggi parlano cercando di definire qualcosa che sfugge. Grazie al valore intrinseco del luogo, in tutte le epoche sono stati disponibili fondi per poterlo mantenere e abbellire: donazioni di mecenati, imposte volute dall’alto ma anche piccole somme volontarie provenienti dai meno abbienti. Una identità sociale e culturale precisa intreccia la storia di questi luoghi, legata all’operosità delle sue genti e ad un senso di religiosità diffusa legata al culto della vita oltre la morte.

Oggi il sistema delle architetture religiose del territorio circostante, a partire dalla stessa necropoli del Monsorino, è poco nota ai nuovi residenti, ed in particolare ai più giovani che hanno potuto godere dell’insegnamento della preistoria e della storia locale limitatamente alle scuole primarie. La storia è circolare. Per agire il recupero, come un tempo, serve l’attenzione e la generosità delle persone, che oggi va conquistata con la narrazione del territorio.

Partendo da questo assunto, una diecina di anni fa un manipolo di coraggiosi ha dato vita all’Associazione Amici del San Michele, avviando pregevolissimi studi specialistici e indispensabili analisi di fattibilità, in totale autonomia economica, di concerto con l’Amministrazione Comunale, già pesantemente impegnata nello sforzo della rivalorizzazione del Monsorino.

Si è partecipato con progettualità interessanti a tutti i possibili bandi, pubblici e privati. Mediante l’ultimissimo della Provincia di Varese, in base alla Legge regionale n. 9/93 che cofinanzia progetti culturali di interesse locale, si prepareranno materiali divulgativi per promuovere maggiormente le visite scolastiche e un videoracconto emozionale (anche in lingua inglese, russo e portoghese) rivolto a possibili finanziatori italiani e stranieri che si innamorino del progetto di recupero.

Un obiettivo ambizioso ma molto chiaro: ritrovare, avere cura, tramandare. E per conquistarlo, tanti piccoli passi coraggiosi, sostenuti dalla generosità di tutti.

Per chi volesse sostenere l’attività dell’Associazione Amici del San Michele, la sede è a Golasecca (VA), p.za Libertà 1, tel. 0331/ 903143, mail: michele@axi.it
 
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