Una domanda ci si poneva qualche tempo fa parlando tra amici: se Gesù – il Salvatore – dovesse tornare tra noi, uomo tra gli uomini, quale luogo sceglierebbe per rinascere? I Vangeli ci danno già delle risposte: non certo una clinica di lusso o una bella villa o un grande albergo, ma forse la casupola di un campo nomadi, il piccolo locale in un condominio dimenticato alla periferia di una grande città o più probabilmente ancora un centro di accoglienza, un barcone di immigrati, e la sua prima culla potrebbe essere il materasso sporco buttato sul pavimento di un corridoio in un salone affollato, così come – scrive l’evangelista Luca – il primo giaciglio di nostro Signore Bambino fu una mangiatoia, o il riparato anfratto di una grotta, come si afferma nei Vangeli aprocrifi del secondo secolo, riscaldato dal fiato di un bue e di un asinello, le figure di due animali che ossequenti a una tradizione millenaria collochiamo premurosi nei nostri presepi ma quasi mai senza fare mente al significato di una tale presenza e alla ricostruzione di un fatto centrale nella nostra esistenza umana.
Ma il quesito importante è un altro. Quale risposta, quale adesione daremmo – anche oggi – a un messaggio di pace e di amore, a una richiesta di aiuto che un bambino prima e un uomo poi ci presenterebbero?
Le situazioni di vita, i pregiudizi, i tanti distinguo della vita contemporanea non ci fanno essere ottimisti, purtroppo. Eppure anche qui i Vangeli rispondono, narrando di vicende che ci hanno preceduto, che leggiamo, che riconosciamo come vere ma che poi, pare, dimentichiamo abbastanza in fretta.
Quando – lo scrive Giovanni nel primo capitolo del suo Vangelo – l’apostolo Filippo, incontrando Natanaele, gli dice: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret”, Natanaele risponde: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?”. Come dire – sono verifiche di prudenza, e anche di fastidio, che abbiamo sentito pronunciare molto spesso –: “Ma quale novità, quale scuola di vita, quale messaggio utile ci può offrire un uomo del genere? Che forme di amicizia e di speranza, oggi, ci possono portare uomini disperati che vengono qui a turbare la nostra già tribolata esistenza?”.
E ancora – troviamo questo racconto nei Vangeli di Matteo, di Marco e di Luca – quando Gesù va nella sinagoga per annunciare la buona novella ai poveri, la liberazione dei prigionieri, il recupero della vista ai ciechi, la libertà agli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore, si fa avanti subito il dubbioso interrogativo di molti spettatori: “Donde gli vengono tali cose? E che sapienza è questa che gli è stata data, e questi miracoli compiuti per le sue mani? Non è egli il falegname, il figlio di Maria e fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non sono qui fra noi?”. Un falegname, un poveraccio, un uomo molto modesto, dunque, non un ricco e acculturato personaggio. Sembra quasi di sentirli e di risentirli certi discorsi a proposito di annunci di pace. Poi, gli stessi spettatori, magari, nel momento più importante dell’esistenza dell’Uomo, si fecero convincere dai sacerdoti e dagli anziani, e quando Pilato, il prefetto romano della Giudea, chiese loro di scegliere se volessero liberare un criminale vero, Barabba, o di condannare Gesù, decisero: “Liberate Barabba e crocifiggete Gesù!”.
Tutto, o molto, è già stato detto e scritto. Ma le scelte sono ancora possibili, sono sempre possibili. E la risposta di Filippo fu sufficiente a diradare le perplessità, i dubbi di Natanaele, uomo onesto e prevenuto: “Vieni con me a vedere e a sentire. Seguimi”.
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