Americanata? La copertina di Time a papa Francesco come uomo dell’anno ha generato soddisfazione in Vaticano. E anch’io mi unisco al giubilo. Qualunque occasione, mezzo, evento, è buono se annuncia Gesù Cristo. Tanto basterebbe per chiudere il becco alle cornacchie gracidanti di un papa che rompe le tradizioni, che espone la Chiesa al rischio corruttivo della modernità, che apre ai gay, alla comunione dei divorziati, ai poveri, persino al marxismo, proprio quando non è più trendy e vivacchia diluito nei populismi sudamericani e nel capitalismo di partito cinese.
Ma voglio tener conto delle osservazioni dell’amico Sebastiano Conformi, che non si riferiscono all’azione del papa, ma all’intento, alla natura stessa della scelta di Time. La copertina di Time – dice – non è il premio Nobel. Non la danno al migliore, ma al più popolare, al personaggio che ha avuto, più negli USA che nel mondo, il maggior impatto mediatico. Comincia col citarmi i “finalisti” di quest’anno, cioè coloro che hanno conteso tale riconoscimento nella valutazione di Time e dei suoi lettori: il presidente siriano Bashar al Assad, la talpa dell’Nsa Edward Snowden, il senatore repubblicano Ted Cruz, promotore dei Tea Party ed Edith Windsor, la vedova lesbica protagonista della battaglia alla Corte Suprema sulle nozze gay. “Se questa è la compagnia… c’è poco da stare allegri. Guarda poi quali bei predecessori: Hitler, Stalin due volte, Chiang Kai-shek con la moglie, una quantità di presidenti e di politici USA, compreso George W. Bush (due volte), Andropov e Putin, Khomeini, i Buoni Samaritani rappresentati da Bono e dai Gates, Zuckerberg… e altre fantasie”.
Sebastiano, che è un buon cattolico, conclude: “Io sto col papa, ci mancherebbe. Ma esultare come fa padre Lombardi: “La designazione è un segno positivo in quanto questo titolo viene così attribuito a chi annuncia nel mondo valori spirituali, religiosi e morali e parla efficacemente in favore della pace e della giustizia” è una forzatura; poi vedo il rischio di un equivoco, voluto, sottolineo voluto, da parte dei “nemici” della Chiesa di usare l’apertura misericordiosa ad ogni uomo per cancellare la specificità del messaggio cristiano, così come è stato elaborato ed espresso da duemila anni di storia. È per questo che i massoni americani lo premiano, per rovinarci, ubriacandolo di lodi”.
Ci rifletto seriamente per qualche giorno e, pur sapendo che le conclusioni possono essere solo parziali e provvisorie, oso proporvele.
La prima è che papa Francesco ha integrato, esaltandola, la comunicazione simbolica, in quella verbale. Non per niente Time afferma. “ha cambiato la musica, non solo le parole”. Dal mio punto di vista significa invece che, proponendo dei gesti personali, ha facilitato grandemente l’incontro a tutti coloro che non hanno una grande preparazione dottrinale o una spiccata vena moralistica. Questo scandalizza sia i tradizionalisti, sia i progressisti?
Benissimo!
Tutti sono coinvolti nello stimolo al cambiamento: preti e cardinali, laici, suore, volontari, catechisti e chierichetti, i teologi delle università, i fedeli della Nigeria a rischio quotidiano di attentato, le monache siriane strette nella morsa tra truppe del dittatore e ribelli olezzanti di integralismo islamico. Rinunciare alla Mercedes, alle scarpe rosse o pagare il conto dell’albergo non sono civetterie pauperistiche, ma un messaggio forte a tutti noi, ci mostrano come mettere Gesù Cristo davanti a tutto e far diventare il rapporto con Lui il riferimento per tutte le scelte della vita.
Sul suo programma teologico e dottrinale forse si deve aspettare un po’ di più, non per giudicare, ma per capirlo meglio. Un segnale forte a me pare che sia il nome: non solo perché è il primo Francesco, ma perché è stato assunto da un gesuita, il primo papa gesuita, che ha dietro di sé una tradizione plurisecolare fondata su un carisma differente da quello francescano. Portare queste due sensibilità, ma si può dire culture teologiche e morali, a convivere nella stessa persona al vertice della Chiesa, sarà un’impresa veramente straordinaria. Se si può immaginare che la sorgente gesuitica conduca ad una elaborazione colta e “avanzata” del rapporto con la modernità, quella francescana richiamerà costantemente al valore dell’integralità del dono di sé a Cristo, senza compromessi. Se il gesuita parlerà della libertà dell’uomo toccato dalla grazia, dovrà anche affermare la natura incondizionata e imperscrutabile dell’iniziativa divina.
Concludo e spero di convincere Sebastiano: non vedo un papa remissivo verso la modernità, una guida debole che possa raffreddare gli animi dei difensori della fede e aprire le porte del Regno ai “nemici”. Alle ragioni che ho detto, aggiungo e ribadisco che in senso radicale Cristo ela Chiesanon hanno “nemici”, nel senso di uomini portatori di un male così profondo, di una ostilità al Vangelo così aggressiva da dover essere combattuta con mezzi diversi dalla misericordia, dall’annuncio comunicato per mezzo del dialogo.
Papa Francesco superstar, riconosciuto come una guida spirituale può solo essere una benedizione per me, per la mia parrocchia, per la Chiesa e per il mondo: per quello che dice, per quello che fa, per come lo fa, per come è uno di noi. Mi sembra di sentire un coro da stadio o da concerto di rockstar: “papa Francesco – uno di noi – uno di noi!”.
Grazie, Jorge Mario Bergoglio, che sei uno di noi, auguri per il tuo compleanno!
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