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Editoriale

POVERTÀ

LIVIO GHIRINGHELLI - 13/12/2013

Il Papa viene alla favela Varginha a visitare i poveri (periodistadigital.com)

Il 26 novembre Papa Francesco ha pubblicato l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, dopo averla portata a conoscenza la domenica precedente a trentasei fedeli durante la Santa Messa di chiusura dell’anno della fede. Il testo in duecento ottantotto punti è stato da lui elaborato particolarmente in agosto al termine del suo viaggio in Sud America e tiene conto anche del contributo offertogli dai lavori del Sinodo, che si è svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede”.

È il primo documento ufficiale interamente personale del suo Pontificato dopo l’Enciclica Lumen Fidei redatta in collaborazione con il predecessore Benedetto XVI. È un pressante invito rivolto ai fedeli cristiani per indurli e invitarli a una nuova tappa sul cammino di una evangelizzazione, che è marcata dalla gioia, perché sia contrassegnata da un nuovo fervore e dinamismo in uno stato permanente di missione. Solo estendendo agli altri l’amore di Gesù possiamo vincere la tristezza individualista, che contraddistingue il nostro vivere nel mondo, il vuoto interiore, l’isolamento. Non possiamo mantenere uno stile di Quaresima senza Pasqua, né una pastorale di semplice conservazione o il rischio di rinchiuderci in un groviglio di ossessioni e di procedimenti. Va invece recuperata la freschezza originale del Vangelo, indirizzandoci a nuove strade e metodi creativi.

Per questo è necessaria una riforma delle strutture ecclesiali, partendo già dalle parrocchie e dalla stessa conversione del Papato per una maggiore fedeltà al significato che Gesù Cristo intese dargli. In questo rinnovato esercizio del primato, grande importanza assume il criterio, la dimensione della collegialità. Nello statuto delle Conferenze episcopali ancora da definire può essere inclusa anche qualche autentica autorità dottrinale e si deve evitare un’eccessiva centralizzazione. Non si deve poi avere paura di rivedere alcune consuetudini radicate nel corso della storia della Chiesa, non riconducibili direttamente al nucleo del Vangelo. Chiara la critica del costume: succede che si parli più della legge che della grazia, più della Chiesa che di Gesù Cristo, più del Papa che della parola di Dio.

“L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli… di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori”. La Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.

Per quanto concerne il sistema economico, concepito all’insegna della competitività e della legge del più forte, va detto chiaramente no a un’economia dell’esclusione e della non equità, che è ingiusta alla radice. L’attuale cultura dello scarto considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo (da usare e poi gettare). Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: gli esclusi non sono sfruttati, ma rifiuti, avanzi. L’idea di una ricaduta favorevole, per cui ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, produce di per sé una maggiore equità e inclusione sociale, non è mai stata confermata dai fatti. E si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza; la cultura del benessere ci anestetizza. Lo squilibrio tra i guadagni dei pochi che crescono esponenzialmente e quelli della minoranza infelice (sempre più distanti dal benessere) procede da ideologie che proclamano l’autonomia assoluta dei mercati divinizzata e la speculazione finanziaria, negando ogni diritto di controllo degli Stati a tutela del bene comune.

Si aggiungono i fenomeni della corruzione ramificata e dell’evasione fiscale egoista. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti. Il denaro deve servire, non governare. Senza una solidarietà disinteressata nella società e tra i diversi popoli sarà difficile sradicare la violenza. Senza uguaglianza di opportunità le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile, sino all’esplosione. Chi è escluso dal sistema è provocato a una reazione violenta. Quando il male si annida nelle strutture della società contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. I meccanismi dell’economia attuale promuovono un’esasperazione del consumo, che, congiunto alla non equità, danneggia doppiamente il tessuto sociale. L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce poi uno stile di vita, che snatura i vincoli familiari.

“Nessuno può esigere da noi – afferma Papa Francesco – che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza nella vita sociale e nazionale”. “Una fede autentica, che non è mai comoda e individualista, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo”. Di qui la denuncia della cattiva distribuzione dei beni e del reddito. In tale contesto “per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica, prima che culturale, sociologica, politica o filosofica”. E si deve trattare di una Chiesa povera per i poveri. “Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri… non si risolveranno i problemi del mondo”. A questi deve badare la politica, che è una delle forme più preziose di carità. “Qualsiasi comunità all’interno della Chiesa, che si dimentichi dei poveri, corre il rischio della dissoluzione”. Di qui l’invito ad avere cura dei più deboli: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati e i migranti, per cui il Papa esorta i Paesi a una generosa apertura. E si fa menzione delle vittime della tratta, di nuove forme di schiavitù.

Ma varrà la pena di ritornare su questa esortazione, che si configura autenticamente “rivoluzionaria” rispetto a tanti ritardi, colpevoli acquiescenze e sordità, che hanno compromesso sinora tante possibilità di riscatto della società e dell’istituzione, ora chiamata a un severo esame di coscienza, ma anche a una prospettiva di speranza.

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